Campi Flegrei, dal turismo una scintilla di benessere per il territorio 

Un territorio unico al mondo, con oltre duemila anni di storia, in cui mito, cultura e natura si intrecciano e che oggi è raccontato dai media in particolare con riferimento al fenomeno del bradisismo: sono i Campi Flegrei, un’area a nord di Napoli che si sviluppa su circa 450 chilometri quadrati, che sta coltivando il proprio potenziale turistico anche attraverso l’impegno e l’azione di rete degli imprenditori locali. Per tracciare le fila di un discorso iniziato da circa un ventennio e che negli ultimi 3 anni con Federalberghi Campi Flegrei e Campi Flegrei Active – organizzazione che comprende 19 retisti e una community di 23 soggetti – spinge per la costituzione di una DMO (Destination Management Organization ndr) – Quoziente Humano ha incontrato Giulio Gambardella, direttore generale di Federalberghi Campi Flegrei e Campi Flegrei Active, Agostino La Rana, presidente di Campi Flegrei Active e Roberto Laringe, presidente di Federalberghi Campi Flegrei. 

A loro abbiamo chiesto, tra le altre cose, perché questo territorio emoziona, ed è da qui che la nostra intervista, come un racconto di viaggio, ha inizio. 

Roberto Laringe: Perché è la grande bellezza. Non esiste nulla al mondo paragonabile ai Campi Flegrei.

Agostino La Rana: Mi emoziona il rapporto con il paesaggio, poi quando lo si intreccia con la storia di chi ha scelto di vivere qui è come se il tempo si fermasse e rivelasse l’emozione che è impressa in questo territorio.

Giulio Gambardella: È un luogo unico, c’è un panorama mozzafiato, paesaggi e scorci meravigliosi… poi quando si ascoltano le storie che li caratterizzano, si capisce perché vivere in una caldera abbia tanti significati. I Campi Flegrei emozionano perché sorprendono. 

Oggi che posto occupa il turismo dei Campi Flegrei negli investimenti a livello istituzionale, e quale dovrebbe e potrebbe occupare? 

Roberto Laringe: Nonostante la gran parte dell’economia del territorio sia basata sulla convivenza di un turismo giornaliero con uno stanziale, purtroppo, il turismo non occupa ancora un ruolo dominante. Questo è un territorio che scelte geopolitiche hanno voluto fosse industriale, poi riconvertito, ma non attraverso una strategia a monte, che forse non è mai iniziata. Le amministrazioni pubbliche non hanno ancora una visione netta a favore di un turismo stanziale. La nostra è una cultura operaia, siamo figli di coloro che hanno lavorato nelle fabbriche, penso a all’Armstrong a Pozzuoli realizzata a fine ‘800, all’Italsider di Napoli costruita agli inizi del ‘900 e a tutti gli esempi industriali che sono in questa area, come il silurificio di Baia che poi si è trasformato nella Selex. Le industrie pesanti hanno una peculiarità: non consentono la nascita di indotti che stuzzichino un interesse a inventarsi imprenditori.

Questo secondo me ha inciso molto anche sulla cultura attuale: sono pochi gli imprenditori che credono nella trasformazione in direzione turistica del territorio, nella valorizzazione a pieno delle risorse, delle aree verdi. Le attrattive sono tante ma intorno a esse occorre creare reti di servizi in grado di valorizzarle.

Agostino La Rana: L’amministrazione a livello istituzionale non punta sul turismo come strategia vincente per questo territorio. A nostro avviso per conformazione e caratteristiche naturali, per la storia che lo caratterizza, per lo stesso bradisismo che dà l’opportunità di vedere emergere reperti archeologici con oltre 2.000 anni di storia, che cambia l’impatto della natura nei confronti del mare e che ne rappresenta l’elemento caratterizzante e diversificante, una reale strategia turistica integrata e conseguente indotto possono consentire economie e benessere diffusi. Il potenziale turistico può essere un booster della cultura locale, che spesso è condizionata da trascorsi storici e industriali, che hanno dato una visione univoca delle possibilità di sviluppo di questo territorio. 

In rete per valorizzare il territorio

Federalberghi Campi Flegrei e Campi Flegrei Active: c’è una rete che sostiene. 

Roberto Laringe: L’intraprendenza di molti imprenditori ha fatto sì che nascessero tante attività legate al tempo libero, ma in questo contesto non c’è stata una pianificazione urbanistica finalizzata all’accrescimento dell’offerta alberghiera, che oggi sarebbe auspicabile.

Negli ultimi 20 anni c’è stata una crescita esponenziale del numero dei visitatori nell’area, a cui abbiamo sopperito attraverso un extralberghiero che in questo caso ci ha favorito per aumentare il numero di posti letto, però purtroppo viviamo in un territorio dove coesistono delle attività che non sono complementari fra di loro, ma forse alternative, e quindi sostanzialmente non c’è ancora una visione di come questo territorio debba vivere coerentemente la propria economia. Si verificano una serie di criticità e diseconomie legate alla congestione urbana, al traffico, all’assenza dei servizi che sarebbero fondamentali per far sì che queste straordinarie attrattive di cui disponiamo, ma che da sole non bastano, siano a disposizione del visitatore.

Capo Miseno

Questo è il motivo per cui abbiamo fatto rete: stiamo crescendo dal punto di vista della coesione imprenditoriale, per sopperire a delle mancanze delle amministrazioni, cioè per fare sì che possano nascere servizi utili per i turisti.

Che valore di sviluppo può avere il turismo per il territorio? 

Agostino La Rana: Nel momento in cui dovesse innescarsi una scintilla idonea potrebbe garantire un livello di benessere alla gran parte dei cittadini. 

Roberto Laringe: Il turismo attualmente è l’unica possibilità per riscattare questa area e per valorizzarla a pieno. L’unica occasione che può allontanarci da scelte del passato. Ce ne siamo accorti sin da subito: la Baia Sommersa, ad esempio, regala nuove scoperte ogni anno, così come tante altre oasi naturalistiche e storiche che dovrebbero essere fatte conoscere. Bisognerebbe coniugare un turismo giornaliero di elevata qualità con uno più stanziale che possa con una mobilità adeguata, anche ciclopedonale, fare apprezzare le enormi risorse forse uniche al mondo che oggi in questa area disponiamo. 

Castello di Baia
In questa epoca di turismo veloce, come si costruisce un turismo di qualità? 

Roberto Laringe: Probabilmente occorrerebbe ridurre i flussi e migliorare la qualità dei servizi offerti. Bisognerebbe utilizzare la risorsa spiaggia per offrire servizi. 

Possiamo avviare questa trasformazione.

Un indice può essere il valore aggiunto di ogni iniziativa. Ogni anno seguiamo gli istituti di ricerca che valorizzano in termini di Pil l’apporto delle singole aziende. Bisognerebbe considerare quale sia il contributo che ogni singolo comparto porta al territorio coniugandolo con un impatto sociale. 

Comunicare ‘drammaticamente’ il territorio, i danni di una infodemia 

Lei ha denunciato una infodemia, la comunicazione spaventa più delle scosse. Quanto conta il tema comunicazione di massa nella promozione o nella svalutazione di un territorio?

Roberto Laringe: Ci stiamo battendo da un po’ di tempo contro un’informazione parziale, che non definisce correttamente la realtà territoriale ma la limita a determinati aspetti. Come se da un discorso meraviglioso si volessero estrapolare solo delle frasi che, tolte da quel contesto, hanno un significato opposto. Questa comunicazione parziale ci ha fatto e ci sta facendo molto male. Ci spinge ad alzare il tiro su una comunicazione di segno opposto, che rappresenti correttamente la realtà, non negando le criticità che viviamo, ma trasferendo il concetto che possiamo convivere con questo fenomeno e che lo abbiamo sempre fatto. 

Sull’onda emotiva in concomitanza con le scosse più significative soprattutto il mercato italiano si è allontanato, e noi riteniamo che gran parte di questo decremento sia anche legato alla volontà di comunicare questo luogo in modo parziale. 

Giulio Gambardella: I flussi turistici attuali risentono non tanto della crisi del bradisismo, quanto della crisi comunicativa, perché dopo due anni di reazione alle scosse cominciamo a vedere degli effetti. Nel 2024 avevamo recuperato i danni degli eventi di maggio 2024, in qualche modo eravamo riusciti a mantenere un calo del 6%. Nel primo trimestre 2025 abbiamo avuto un decremento dei flussi turistici del 20% circa, anche se la coda di aprile sembra abbia avuto un impulso positivo. Siamo ottimisti per un miglioramento nella stagione estiva. 

Quando i media parlano di questa terra per le scosse che cosa le viene da dire? 

Agostino La Rana: Fare un’informazione drammatica è la leva che muove molti giornali, immagino per una logica di audience. La comunicazione così fatta crea un danno enorme perché la percezione di chi non vive qua è che non si possa stare in un posto del genere.

Una destinazione da scoprire

Lei riporta un dato: il turismo è più straniero. A cosa attribuisce questo fenomeno? 

Roberto Laringe: Me lo sono chiesto anche io, credo che gli stranieri diano meno peso a questo tipo di informazione, o forse, preferiscono documentarsi in maniera più approfondita. 

Fumarole della Solfatara
I Campi Flegrei sono sulla Lonely Planet come meta turistica.

Giulio Gambardella: L’anno scorso la stagione è stata salvata dal mercato straniero. Abbiamo un 36% di mercato straniero sui Campi Flegrei, che negli ultimi anni è cresciuto tanto, eravamo al 27% solo tre anni fa. Il turismo straniero sta crescendo tanto sia in termini percentuali ma anche in termini di numeri assoluti. La Lonely Planet è il risultato di un lavoro che stiamo portando avanti da tempo, già l’anno scorso eravamo presenti, nell’edizione di quest’anno uscita a maggio c’è stato dedicato uno spazio più ampio. Abbiamo portato in giro gli autori della Lonely Planet e l’autrice si è così innamorata dei Campi Flegrei nei giorni in cui li visitava insieme a noi, tanto da prenotare in seguito una vacanza. Questa esperienza fatta sul territorio l’ha portata a scrivere un articolo in cui suggerisce i Campi Flegrei come una delle 8 destinazioni in Italia da scoprire. 

Le persone che fanno la differenza

 Avete scelto di intervenire sulle risorse umane delle strutture alberghiere dei Campi Flegrei con una formazione che punta alla consapevolezza personale nella relazione con l’altro, e quindi anche con il cliente? 

Agostino La Rana: Investire sulla professionalità dei nostri operatori e in soft skill per potenziare le loro capacità personali, comporta migliorare anche le competenze dello staff. Il personale è più felice, centrato, motivato, ingaggiato. 

Roberto Laringe: Le persone del front line sono il primo contatto che un turista che viene nei Campi Flegrei ha con il territorio, la prima impressione. Ricordo che anni fa partecipai a un corso di comunicazione e mi dissero che il momento in cui un visitatore arriva in un luogo è delicato e va gestito con cura: magari quel turista si è sobbarcato un lungo viaggio, prova stanchezza, bisogna alleviare qualsiasi disagio. Il front line che utilizza un approccio alla comunicazione positiva carpisce e individua le modalità affinché il cliente possa già massimizzare il desiderio di rimanere nel territorio e nella struttura che ha scelto. 

I luoghi – oltre che dalla storia, natura, cultura ed enogastronomia di cui il territorio è ricco – sono fatti dalle persone…

Roberto Laringe: Non avendo una tradizione turistica qui nei Campi flegrei, fino agli anni ’90 l’impiego nel turismo era quasi un ripiego. Questo fortunatamente nell’ultimo decennio sta cambiando, siamo ancora in evoluzione, ma sappiamo che la qualità dell’offerta non la fa solo la struttura, ma anche le persone che devono interfacciarsi con i clienti, forse ancora di più di ciò che di tangibile viene dato. Ci aiuta a sopperire ad alcune mancanze che abbiamo uno straordinario senso dell’accoglienza, che ci contraddistingue. Lo vedo dalle belle recensioni che monitoriamo ogni giorno negli alberghi di mia competenza, ma non solo. La disponibilità delle nostre persone magari è tale che gli stranieri si stupiscono. 

 La consapevolezza del valore del patrimonio di questa terra. A chi spetta portarla in luce? 

Roberto Laringe: Noi lo facciamo da sempre, dovrebbe farlo anche l’amministrazione. Un territorio va comunicato nella maniera giusta, vanno fatte emergere le tante positività, ma anche le criticità. Elevare la qualità dell’offerta significa fare rete. 

Uno dei vincoli di questa area è che ha un’offerta frammentaria, ed è una delle barriere all’ingresso: le attrattive sono tante e disseminate su 450 kmq, bisogna avere la mobilità adeguata.

Agostino La Rana: Come imprenditori cerchiamo di farlo, ma spesso la struttura sociale di questo territorio ha creato un divario ingiustificato tra chi crea lo sviluppo e chi lavora all’interno, per cui non c’è una coesione tale da fare sì che gli imprenditori siano espositori di questo valore. Credo ci sia un pregiudizio e uno scollamento degli obiettivi. Si potrebbe andare compatti nell’interesse naturale del territorio. In un luogo in cui chi con grossi sforzi cerca di fare turismo, l’impegno di tutti dovrebbe essere fare conoscere il territorio al mondo affinché si crei uno sviluppo anche economico. Per due anni abbiamo messo a disposizione un mezzo privato che faceva il giro di tutti i Campi Flegrei per fare vedere ai turisti tutti i siti archeologici utilizzando risorse private. 

L’importanza di fare rete in ottica di valorizzazione del territorio.

Giulio Gambardella: È una necessità, specialmente in destinazioni non famose di per sé, la rete e lo stare insieme è un presupposto basilare per costruire una destinazione. La rete è il primo passo della costruzione di una destinazione. 

Cosa si può fare per andare oltre i singoli interessi e trovare obiettivi comuni? 

Giulio Gambardella: Bisogna individuare finalità e percorsi comuni, che vadano un po’ più in là dell’interesse immediato, darsi obiettivi a medio e lungo termine, individuare un cammino insieme. In questo modo si riescono a superare le diversità anche rispetto a obiettivi non sempre coincidenti. Faccio un esempio: gli albergatori sono nella nostra rete tra di loro concorrenti, ma hanno l’obiettivo comune a medio termine di sviluppare il territorio, perché questo accresca i pernottamenti. Quindi concentrandosi sull’obiettivo comune lavorano non come concorrenti, ma come collaboratori.

Insieme con l’obiettivo di promuovere il territorio 

Si fa fatica a trovare sinergia?

Giulio Gambardella: No, si fa fatica ad imparare a ragionare come una rete e non più come singolo imprenditore, ma gli obiettivi condivisi sono chiari. In Campi Flegrei Active c’è un intento comune ed è quello di fare attività per il territorio e per la sua promozione.

Agostino La Rana: Tra di noi c’è un grande spirito di collaborazione, anche perché ciascuno di noi ha la consapevolezza che l’attività coordinata possa impattare sullo sviluppo del territorio; quindi, l’eventuale concorrenzialità svanisce perché c’è una crescita di tutti, come è stato negli ultimi anni. Anche in questo stiamo attivando una campagna di marketing condivisa per il nostro territorio e per le singole attività. 

Un cambio di paradigma 

I Campi Flegrei verso la DMO (Destination Management Organization): qual è il confronto con il resto di Italia e di Europa? 

Giulio Gambardella: Lavoriamo da 3 anni per spingere verso la costituzione della DMO, che è uno degli obiettivi per cui ci siamo uniti. Negli ultimi mesi abbiamo portato avanti un progetto che si chiama ‘Verso la DMO’ e che ci ha spinto ad ascoltare il territorio e a confrontarci con le altre destinazioni regionali e nazionali. Abbiamo incontrato le DMO del Trentino, dell’Emilia-Romagna, del Lazio, abbiamo avuto un bello scambio di informazioni, da cui abbiamo ricavato indicazioni. La differenza rispetto ad altre organizzazioni è quella di essere un territorio che sta facendo una costruzione di una destinazione dal basso: questa è la difficoltà, ma anche un’opportunità. A volte si fa il processo inverso: si costituisce una DMO e chi vi aderisce inizia a ragionare da destinazione, ma per nostra esperienza ci rendiamo conto che questo percorso può avere delle falle, costruire una destinazione dal basso consente di realizzare una rete che veramente esiste, probabilmente ci si mette un po’ di tempo in più ma il risultato è reale.

Nei Campi Flegrei abbiamo evoluto una rete che già esisteva, lo stare insieme anche tra associazioni è qualcosa che nasce 20 anni fa e che quindi ha reso più semplice lavorare congiuntamente ed evolversi in una organizzazione di imprese. È il vero cambio di paradigma per il territorio. 

Che apporto può dare la DMO al territorio? 

Giulio Gambardella: Un coordinamento delle azioni è quello che viene richiesto fortemente dal territorio. Da tutte le tipologie di focus con gli operatori è emersa fortissima la istanza di comunicazione interna ed esterna e di coordinamento delle attività. Quello che la DMO può fare è diventare punto di riferimento e coordinare le azioni dei diversi soggetti. Nei Campi Flegrei spesso si sono fatte attività anche di valore, ma spesso slegate tra di loro, quello che è importante agire è metterle insieme. La DMO è quel luogo dove pubblico e privato possono dialogare di promozione e di strategie turistiche. 

Piccoli passi, l’impatto positivo di un turismo sostenibile

Come presidente di Campi Flegrei Active cosa auspica?

Agostino La Rana: Mi auguro che alcune attività che stiamo già facendo inneschino un ciclo virtuoso positivo che possa spingere investimenti sul turismo sia da parte di altri privati che da parte della comunità. Di solito nei posti turistici c’è una maggiore attenzione alla bellezza, all’ordine, all’accoglienza. 

Il turismo può essere a impatto positivo? E come si realizza? 

Giulio Gambardella: Il turismo per propria natura è un’industria che consuma, territorio, energia. Un turismo a impatto positivo è difficile ma si può fare, lo si realizza quanto più si cerca di tenere legato il territorio, è un’esperienza comune, a impatto positivo perché a basso impatto ambientale, ma ad alto impatto economico sul territorio. Nelle strutture ricettive flegree c’è un’attenzione a investimenti green, ad esempio nella scelta di un’energia più pulita con l’uso di pannelli fotovoltaici e altro. Il lavoro va fatto a piccoli passi, ma si può raggiungere questo obiettivo. 

Come si può diffondere un approccio di responsabilità e di cura del territorio e di accoglienza del turista a tutti i livelli? 

Agostino La Rana: Noi abbiamo attivato sia percorsi di formazione diffusa per il nostro personale che di comunicazione, ad esempio, con il progetto ‘Verso la DMO’ in cui abbiamo ascoltato sia dagli operatori di settore che dalle persone comuni quali fossero vantaggi, rischi e minacce rispetto al nostro territorio. Abbiamo scelto di coinvolgere i cittadini affinché siano i primi attori di questo processo e siano ricettivi rispetto alle possibilità di arrivare alla costruzione di una DMO. Per quanto riguarda la politica abbiamo invitato alcuni protagonisti ai nostri eventi, quando abbiamo mostrato il materiale raccolto, segno dell’interesse tangibile delle persone per lo sviluppo del territorio. Nei Campi Flegrei agiscono piccole associazioni, gente che dedica senza alcun interesse la propria vita a questo territorio, c’è un legame fortissimo con questa terra. 

A livello nazionale esistono anche delle opportunità per la semplificazione degli investimenti turistici, penso ad esempio alla ZES (zona economica speciale ndr), tramite cui il turismo viene identificato come un sistema di investimento per aiutare la crescita economica del territorio. 

L’obiettivo della rete deve essere comune, il nostro percorso prevede un ampliamento della base per fare comprendere quanto lo sviluppo turistico possa essere un’opportunità per un territorio come questo.

Costruire un linguaggio comune 

Quanto è importante investire sulle risorse umane del territorio e costruire un linguaggio comune? 

Giulio Gambardella: Credo sia uno dei valori aggiunti che una DMO e una rete possano fare. Costruire la narrazione di un territorio e le skill delle persone che lavorano nel turismo è un grande vantaggio. Un territorio che parla con un’unica voce e che racconta con una modalità comune costituisce un fattore identificativo. Per un turista ricevere un messaggio condiviso che sia in un albergo, in un b&b o durante un’esperienza può realmente fare la differenza.

Le bellezze di questa terra è frutto della stessa intensità che la fa tremare. Come si fa a creare un’esperienza unica e a trasferire e a coinvolgere il turista in questa intensità dalle mille sfaccettature? 

Agostino La Rana: Occorre trasmettere la consapevolezza che se questo territorio non avesse avuto queste peculiarità, questo fenomeno geologico, caratterizzato da un movimento, generalmente lento, di abbassamento e sollevamento del suolo, non avremmo potuto vedere tutta una serie meraviglie come la Città Sommersa, i vulcani attivi, il monte più giovane d’Europa, le acque termali e tutto quello che fa parte di un paesaggio così singolare legato alla vulcanicità di quest’area. Ciò che rende questo posto unico è che ha come elemento differenziante il fatto di vivere su un vulcano. 

Si cresce tutti insieme? 

Giulio Gambardella: Assolutamente, da soli non si va da nessuna parte. 

Agostino La Rana: Si perché ciascuno con le sue peculiarità e competenze è disposto a condividerle in gruppo. Aggiungendo ognuno un pezzettino all’altro riusciamo a crescere tutti insieme, il totale supera la somma delle parti. È matematico, la moltiplicazione della crescita è proporzionata nel nostro caso al maggiore numero di retisti. 

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Giornalista, counselor a mediazione espressivo artistica e corporeo teatrale, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.

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