Mosè Santamaria

Sono un visionario e canto la bellezza

Da bambino ha vissuto un rapporto conflittuale con il suo nome, poi crescendo si è reso conto che, superando il rischio di identificazione, quella firma conteneva in sé una missione. “Non volevo usare in arte il mio nome anagrafico, perché avevo paura di provocare ilarità nelle persone. Avrei voluto chiamarmi Miele dei pianeti. Poi il produttore di allora mi disse: “Il tuo nome è una bomba”. 

Mosè Santamaria è un cantautore che nelle sue canzoni inserisce temi come l’amore, la ricerca spirituale, lo stravolgimento dei paradigmi sociali. In uscita in questi giorni con il suo terzo album Come cani per strada, di sé dice: “Per me è importante essere riconosciuto nella mia autenticità, che non è essere bravo, creativo, migliore, peggiore: significa essere quello che sono”.

Ti presenti come un cantautore mistico e visionario. Cosa intendi? 

Il termine mistico vuole indicare che cerco di portare in quello che scrivo un sentire che non è solo legato ai sensi ordinari, l’intenzione è rendere all’ordine del giorno un qualcosa che a volte non si riesce a spiegare, una ricerca che porto avanti nella mia vita. La definizione di visionario l’ho consapevolizzata da poco, perché quello che mi ha sempre mosso è stata la visione, l’andare oltre l’esistenza. A volte la bellezza si scopre in questo modo: il visionario ha il compito di rendere visibile ciò che forse non lo è a occhio nudo. 

Scrivi e canti canzoni che vogliono parlare alle coscienze. Perché? 

Mi fa stare bene. Non c’è un motivo razionale. Ognuno racconta quello che fa parte del proprio quotidiano e nel mio, oltre che organizzarsi la giornata, preparare da mangiare, lavorare, si inserisce la ricerca. È inevitabile condividere quello che è il mio essere nelle mie canzoni, non sarebbero tali altrimenti. 

Quanto attingi dalla tua vita? 

Tantissimo. Quando qualcosa viene consapevolizzato diventa parte del proprio essere e quindi viene applicato, vissuto, manifestato nella propria vita. Quello che faccio entra nelle canzoni. A volte il mio approccio è anche un po’ cinematografico, nel senso che la canzone è quasi come se fosse un film, nel quale cerco di dare un messaggio raccontando una storia. 

Risorseumane è il titolo del tuo primo album, Salveremo questo mondo il secondo. Il 9 dicembre ha debuttato il terzo disco Come cani per strada’ Qual è stata la tua evoluzione lungo il corso di questi anni?

Essendo un essere umano nel passato ho maturato una serie di aspettative, soprattutto sul primo lavoro; quando ho scritto Risorse Umane ero molto giovane e non avevo idea di come relazionarmi con il pubblico. Tanti argomenti che ho trattato in Risorse Umane oggi li maneggerei in maniera diversa per l’esigenza di creare ancora di più un dialogo con gli altri. In Risorse Umane ho cercato un’affermazione, probabilmente il motivo era più legato a una ferita che posso avere avuto da ragazzino: volevo darmi un valore. Quando il disco è stato pubblicato è andato bene per alcuni versi, ma non ha risposto a tutte le aspettative che avevo. E per questo dico grazie, perché così ho potuto vivere esperienze a contatto il pubblico che mi hanno fatto crescere. Il vero lavoro su di noi lo facciamo nella vita di tutti i giorni. Con ‘Salveremo questo mondo’ pensavo di scrivere un disco di morte; invece, mi sono ritrovato a realizzare un album di bellezza, rendendomi conto che l’opposto della morte non è la vita, ma la nascita. 

Con Salveremo questo mondo ho cercato di condividere la sofferenza di Mosè per poterla trasmutare, ho messo le speranze, i sogni, è stato un disco molto emotivo. È andato molto bene, mi ha insegnato tanto. Con il covid c’è stato un rallentamento, proprio nel momento in cui la mia esperienza di cantautore avrebbe potuto vivere una svolta. Pensavo che tanti sforzi avrebbero trovato una giusta gratificazione. Mai cosa fu più illusoria. Questo periodo che abbiamo vissuto è stato per me uno scossone. Ho vissuto mesi molto difficili, situazioni che hanno portato a guardarmi dentro con onestà e sono arrivato a dire ‘non mi interessa più di piacere a qualcuno’. Chi ha voglia di ascoltare e di conoscermi lo fa, solo così si crea qualcosa di vero. È fondamentale manifestare la propria autenticità. 

Come stai vivendo i tempi attuali?

Molto bene, sto lavorando con un sacco di creature, esseri umani. Il mio lavoro, oltre a quello del musicista, è aiutare le persone a manifestare la propria autenticità, a riconoscersi per quello che sono, accogliersi, amarsi. Ho imparato a non dare potere all’esterno, a situazioni che ci possono apparentemente mettere in difficoltà. Penso sia la missione animica alla quale sono chiamato. Il resto è un grande test: più sei identificato più dai potere all’esterno, meno sei identificato più conservi il potere dentro e puoi manifestare la tua autenticità.  

La terra non soltanto nella dimensione più materiale. Come possiamo migliorare sia l’esperienza materica e non solo? 

Nel gioco tra anime tutto è permesso e siamo qui perché questo mondo è una palestra. 

Se questo mondo fosse perfetto a livello animico non avrebbe senso incarnarsi in questa terra. È un po’ il discorso che faccio con Come cani per strada, un album che parla di felicità, il cui senso è il rendersi conto di essere vivi. Non la gioia, non l’euforia, non la tristezza, ma il percepire la vita che ci attraversa e ci vede autentici: “Come cani per strada liberi di fare l’amore come quando ci pare”

Copertina Come cani per strada

L’arte ha in sé una missione? Quanto secondo te può contribuire concretamente alla crescita degli individui e della società?

L’arte per me è una cura, è un gioco, noi abbiamo già tutto dentro, dobbiamo solo ricordarcelo. Pensa a un bambino, quando gioca è nel qui e ora. Si può fare arte con la propria vita, ad esempio, mi metto a cucinare ci metto creatività.

La creatività che mettiamo nella nostra vita è amore, è prendersi cura di sé. Per me questo è arte.  
 

Senti il rischio di non essere compreso?

Devo comprendermi io prima di tutto. Pensare che gli altri mi comprendano diventa un’aspettativa. Entrano in gioco le emozioni e i sentimenti, in quel caso subentra un lavoro che devo fare con quell’anima, cercando di creare un dialogo. Se non vengo compreso da qualcuno è semplicemente perché non siamo in risonanza. 

Nel parlare di energie non si corre il rischio di sottolineare ulteriormente la polarizzazione?
 

Dovremmo accettare di stare nel bene e nel male, dobbiamo accogliere, essere consapevoli di lavorare nella dualità. Se comprendiamo questo realizziamo l’uno nel due. È un po’ un discorso cabalistico, difficile da concettualizzare, sembra semplice, ma in realtà interiorizzarlo è molto complesso e richiede tanto lavoro su di sé.

A chi parli? 

In primis parlo a quel bambino che c’è dentro di me, perché se riesco a tirare fuori quella dolcezza necessaria con lui, sono in grado anche di parlare con gli altri. 

Con le scelte che hai fatto quali senti sia il tuo compito?

Il mio compito è quello di trovare la mia autenticità e realizzarla. Per me è importante aiutare chi me lo chiede a fare lo stesso. 

Hai tante volte rimandato alla parola autenticità. Senti che sia un bisogno degli individui in questo momento? 

Non bisogna confondere l’autenticità con l’imposizione esterna di un ego, realizzando una separazione tra chi sono e quello che c’è fuori. L’autenticità è uno stato di coscienza, è un ascoltarsi. È un lavoro, un percorso che dura tutta la vita. Ho avuto la grazia di vivere prese di coscienza e chissà quante ne vivrò. L’illusione è quella di essere arrivati e che il lavoro sia finito. Proprio quando credi di esserti svegliato che stai dormendo ancora. 

Che cosa è per te il Quoziente Humano? 

L’anima che chiede di manifestarsi attraverso la propria autenticità. Quoziente Humano è l’equilibrare ogni aspetto: anima, spirito, mente.

La mente è uno strumento che va utilizzato. C’è una frase di una canzone di Claudio Rocchi che porto sempre nel cuore e che mi aiuta molto: Usa la mente tenendola vuota. Lo specchio è se stesso quando è vuoto, significa riuscire a realizzare l’uno nel due, siamo al tempo stesso tutto e uno. 

Siamo in prossimità del Natale, fai un augurio a chi ci legge. 

Il Natale per me in realtà dovrebbe essere il 21 dicembre e l’inizio dell’anno dovrebbe corrispondere al 21 marzo. Con il 21 dicembre le giornate iniziano ad allungarsi. Dopo che l’energia Cristica è andata nelle profondità più oscure, inizia a risalire.
Quello che auguro è che questa energia possa tirare fuori l’autenticità di ciascuno di noi. 

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Giornalista, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi attraverso strumenti a mediazione espressiva. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.

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