Massimiliano Mandarini

Bioedilizia: un dialogo tra natura, essere umano e tecnologie

Ideare, progettare e realizzare un ambiente che possa corrispondere ai bisogni dell’essere umano e della natura che lo circonda. È questa la sostenibilità dei luoghi, una connessione tra esterno ed interno, sostenuta da un pensiero strategico che affonda le sue radici nella millenaria tradizione del ‘genius loci’. A raccontarci il presente e il futuro dei nostri spazi, allargando lo sguardo da una dimensione domestica a una urbana ed extraurbana, Massimiliano MandariniArchitetto, Biophilic Designer e Segretario del Chapter Lombardia di Green Building Council Italia.

Che cosa si intende per edilizia sostenibile?

Preferisco parlare di ‘Community building’, costruzione di comunità. L’edilizia è l’involucro: ci protegge dal mondo esterno, con cui al tempo stesso deve dialogare. L’edilizia sostenibile, il Green community building, deve creare un legame con ciò che c’è intorno, mettere al centro la persona ma soprattutto avere un impatto ridotto. È un progetto complesso che parte da un genius loci, dal recupero di una memoria.

La grande sfida che raccogliamo adesso è costruire o rigenerare luoghi che con armonia coniughino il bisogno dell’essere umano di protezione, le performance di qualità intrinseche per la salute psicofisica, come la luce naturale, le tecnologie – pensiamo alle smart cities – e la riduzione del consumo di suolo.

Occorre portare avanti diversi driver, tra cui la decarbonizzazione: ogni artificio umano deve andare almeno in pareggio tra quello che consumiamo e quello che emettiamo. 

Il dibattito sul climate change e sulla crisi energetica che stiamo vivendo adesso valuta principalmente i costi, ma bisogna considerare il manufatto che, se progettato bene, impatta meno. Bisogna fare riferimento a diversi elementi come la luce, l’isolamento, la respirazione dell’edificio. Sulla biodiversità sono state fatte varie simulazioni, che ci hanno consentito di capire che utilizzare sistemi di filiera naturale ha un grande vantaggio per ridurre l’impatto sui rifiuti. 

Altro tema fondamentale è quello della circolarità edilizia. Attraverso l’utilizzo di sistemi che abbiano effetti drenanti, le superfici digitali, l’integrazione della biodiversità, la natura, le schermature solari, si consuma meno energia, si emette meno co2 e si riducono anche i costi. Si tratta di una protezione intelligente, che fa bene alla salute, se esaminiamo tutte le malattie che derivano da un ambiente non sano. Viviamo dall’80 al 90% del nostro tempo in ambienti confinati, il tema della qualità indoor è cruciale. Per sostenibilità in ambito edilizio possiamo intendere un sistema di strategie e di innovazioni che mettono in rete natura, essere umano e tecnologia. 

Green Innovation Park, vincitore del Green Building Italia Awards

Dalla scelta dei materiali ai cantieri sostenibili, quali sono gli elementi che concorrono alla bioedilizia? 

Bisogna arrivare a un’alleanza fra le diverse figure del progetto. Occorre un advisory di sostenibilità a supporto dei progettisti. Le imprese devono evolversi sempre di più insieme anche alla componente di gestione e a quella di post-produzione. L’edilizia incide in maniera forte sul pil, si tratta di un mercato enorme che produce molto valore economico, ma anche grande impatto. La filiera si sta evolvendo in tutte le sue parti, dalla produzione dei materiali alla componente progettuale, fino alla produzione e alla manifattura architettonica. 

La grande sfida è sulla gestione, attraverso un’educazione alla manutenzione sostenibile dei luoghi. Produciamo tantissimi rifiuti, occorre ridurre il più possibile l’impatto nella fase iniziale e di smontaggio.

Il manufatto deve avere già un suo modello di smontaggio, riuso e riciclo: il progetto deve essere pensato per la sua seconda vita. Dobbiamo cercare materiali riciclabili, più vicini al nostro territorio, non è facile. Occorre puntare a una connessione tra più pensieri, il tema è lanciare un’alleanza fra tutti gli attori, che configuri un nuovo approccio al progetto, alla realizzazione e alla gestione.

Il fare cultura sta nel raccontare la sostenibilità non solo alla comunità tecnica delle imprese, ma anche ai consumatori che acquistano o affittano spazi, ci sono azioni molto semplici che permettono di ridurre impatto e costi. Bisogna innescare un meccanismo virtuoso che punti sul progetto e le modalità e sullo strumento della gestione anche ordinaria. La sfida è quella di essere più semplici nel linguaggio, avere una sostenibilità accessibile a tutti e portare avanti azioni che siano comprensibili e che facciano da stimolo ai decisori pubblici. 

Aumentano le certificazioni secondo cui un edificio può essere più virtuoso. Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma… 

La sostenibilità è nelle nostre corde. Negli ultimi 30 anni abbiamo voluto andare veloce e ce ne siamo un po’dimenticati. I protocolli ambientali e le certificazioni hanno un grande valore perché misurano e definiscono parametri. Faccio un esempio: se un investitore immobiliare deve acquisire o gestire un immobile e può scegliere tra un comparto di edifici con delle performance e un sistema di misurazione collegato e altri luoghi, magari altrettanto interessanti ma non valutati, da un punto di vista sia economico che finanziario il soggetto andrà a prediligere l’opzione che assicura la rilevazione dei dati. Chi investe vuole ridurre il rischio, a partire da quello economico fino a quello di deperimento immobiliare.

Per rigenerare o rifunzionalizzare un luogo occorre soddisfare quello che serve all’essere umano: abbiamo bisogno di essere in binomio con la natura, occorrono anche tecnologie e spazi confortevoli per poter vivere il nostro lavoro anche in forma ibrida. I luoghi devono essere pensati per queste funzionalità. Ci salva l’ecosistema che ci circonda, a questo proposito pensiamo alla rinaturalizzazione delle città, del wellbeing outdoor. I protocolli hanno la capacità di determinare uno scenario e produrre misura, dare dei dati. Il tema è economico. L’agire e il mettere a terra soluzioni e parlarne è necessario. 

L’estetica, e quindi la bellezza, può rientrare nei canoni della sostenibilità? È possibile renderla accessibile ai più? 

Credo che la sostenibilità sia la nuova bellezza. La sostenibilità coincide con un principio di rinascimento, perché ha dentro i valori di armonia. In un luogo armonico si sta bene, si è felici, le persone possono vivere in equilibrio con gli altri esseri umani e con quello che le circonda.

I luoghi devono essere considerati seguendo un approccio human centred design, mettendo al centro gli esseri umani.

L’umanizzazione degli spazi è un principio fondamentale del green building. La sostenibilità è una poesia che ognuno interpreta singolarmente sapendo qual è l’obiettivo finale. 

Ci sono più percorsi. Il Mediterraneo, ad esempio, ha una grande capacità competitiva rispetto ad altri territori perché nella nostra cultura convivono principio di sostenibilità e bellezza insieme. Pensiamo agli antichi borghi, alle nostre coste, abbiamo da sempre avuto scambi con altre culture. Il principio della domus romana riporta un equilibrio tra interno ed esterno, formalità e informalità, natura e sistema orgoglioso dell’artificio di costruire un messaggio. La bellezza è insita nella natura che ci circonda, non dobbiamo distruggerla ma soprattutto non dobbiamo sciuparla.

Secondo uno scenario del WWF, continuando ad avere comportamenti ad alto impatto rischiamo nel 2070/80 di perdere dal 60 al 70% di biodiversità. Questo incide sulla nostra capacità di creare nuove medicine, sull’avere luoghi in cui andare a decantare, sull’inquinamento dei nostri ambienti. Non possiamo abdicare al nostro essere umani, alla nostra crescita, al nostro senso di produrre bellezza che sia un’opera d’arte, un’architettura, un oggetto di design, un giardino o altro. Siamo portatori di bellezza. 

Nei secoli abbiamo realizzato il nostro ambiente in un binomio virtuoso tra l’ambiente che ci circondava, ciò che ci serviva e quello che veniva dalla creatività dei popoli. Noi italiani siamo straordinari in questo perché abbiamo sempre fatto da collegamento tra culture diverse. Nel Rinascimento la piazza univa le persone, la natura e l’ambiente. La natura è bellezza. La bellezza si lega alla sostenibilità con un principio di equilibrio e armonia. Dobbiamo tenere la barra dritta fra quello che serve al pianeta e a noi. L’uomo lascia le sue tracce, è il come a diventare prioritario. Le nostre impronte sono sempre più pesanti, la natura si riappropria dei luoghi, dobbiamo essere capaci di muoverci in equilibrio. 

Siamo un Paese in cui resta la testimonianza di edifici costruiti oltre duemila anni fa. Che cosa serve alla visione di oggi in ambito architettonico e urbano? 

La conoscenza del territorio. Dobbiamo essere analisti di rischi e opportunità. Bisogna ridurre i rischi economici, i conflitti sociali e l’impatto ambientale. L’obiettivo è la sopravvivenza in un equilibrio in cui vivere i prossimi decenni – ma soprattutto per assicurare ai nostri figli e ai figli dei nostri figli – una situazione di comfort, benessere ambientale e salute.

Il grande rischio è la salute, l’abbiamo esperito con la pandemia: quando non si regola quello che si fa, si va a incidere sulla salute delle persone e poi di conseguenza si devono affrontare rischi economici e sociali. Le soluzioni per il wellbeing delle persone e dell’ambiente devono produrre valore e, allo stesso tempo, essere attrattive per le varie fasce di comunità e accessibili da un punto di vista economico. 

La grande sfida è che i nuovi modi di produrre, realizzare e gestire i luoghi non siano solo per una piccola fascia di popolazione, per un semplice principio statistico: non riusciamo a impattare.

Se proposti in una fascia medio alta, la qualità sostenibile e il comfort devono scendere a tutte gli strati sociali. La sostenibilità non è solo legata all’edilizia ma a un approccio strategico che mette al centro tutte le fasce della popolazione in un equilibrio tra la componente economica, sociale, ambientale. 

Dal micro al macro: la casa, le città, i medi centri, i borghi. 

Il dialogo non è solo fra esseri umani, ma anche tra i luoghi. Le grandi città sono sempre più attrattori di opportunità economiche. I grandi poli metropolitani come Milano, Roma, Napoli, Torino sono attrattori di servizi delle nuove generazioni e hub turistici internazionali, sono i laboratori del futuro. Ma andando a guardare con un approccio statistico non possono essere solo queste metropoli la strada per la crescita economica e lo sviluppo sostenibile dell’Italia, bisogna lavorare con i grandi impattatori.

L’Europa è molto virtuosa, sia come policy che come approccio, sia come filiera economica, la sfida è trovare punti di equilibrio nel mantenimento dell’identità economica e culturale dei popoli nella transizione verso un futuro in adattamento climatico.

Occorre far dialogare le diverse dimensioni.

Una città come Milano, ad esempio, non può prescindere dai medi centri e dai luoghi turistici intorno. Occorre stimolare un dialogo fra urbano e rurale: è importante per il mantenimento dei criteri ecosistemici, dei valori ambientali, della biodiversità. I due asset devono dialogare in un sistema virtuoso soprattutto dal punto di vista economico. Le province intorno alle città o i medi centri possono diventare nuovi luoghi per non costruire ulteriormente. Attraverso un pensiero strategico occorre portare ciò che concentrato nelle città ad altri luoghi. Occorre costruire valore nei vari territori, connettere luoghi, spazi ed economie. 

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Giornalista, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi attraverso strumenti a mediazione espressiva. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.

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