Se un virus può curare la società

Il 21 febbraio 2020 ha segnato la fine della nostra ‘spensierata’ vita. Questa data rappresenta un prima e un dopo. Un cambiamento radicale entrato prepotentemente nelle vite di ognuno di noi. 

Il colpevole ha un nome: Covid-19. Questo virus ci cambierà, anzi ci sta già cambiando. (Questo è un momento prezioso che rimarrà nei libri). 

Il Covid-19 non è ‘solo’ un virus, un cataclisma fisico, politico e mentale che affligge l’insieme di una società, è un chiaro messaggio di trasformazione. 

Ha messo sottosopra tutta la nostra vita, i nostri rapporti, il nostro lavoro. E ora ci tocca fare i conti con noi stessi e con l’accettazione della nostra fragilità. Un processo non così immediato, perché poco abituati ed educati ad agire secondo uno spirito comunitario. Questo momento ci ha sbattuto in faccia che molte delle nostre strategie non erano poi così di ampio respiro. 

Ci sarà molto da riflettere e cambiare. 

Stiamo imparando che le scelte sono responsabilità e portano conseguenze pesanti. Le parole sono macigni e influenzano il comportamento delle persone. E le azioni che d’ora in poi faremo ci faranno crescere se pensate con una logica costruttiva e collettiva.  

Ci stiamo confrontando con il fatto che non siamo poi così digitali, che il divario esiste dalle scuole alle aziende, tra nord e sud. Ma stiamo apprezzando la fortuna di avere una tecnologia che ci aiuta nel mantenere i contatti e stiamo anche imparando, forse, a usare meglio i social ed essere più tolleranti. Ci siamo riscoperti tutti uguali, tutti mortali, tutti spaventati e in fuga dalle nostre paure. 

Ma stiamo riscoprendo anche il valore delle competenze di ogni lavoro. 

Stiamo riscoprendo l’importanza della Sanità e della Scuola. Stiamo riscoprendo la fortuna di avere il cibo, i medicinali, l’acqua, la luce e il gas. 

Ci stiamo accorgendo anche che molte cose non sono così necessarie, che in fondo in fondo ci servono a ben poco in questo momento, e torneranno quando torneremo a pensare di essere dei privilegiati. 

Ora siamo solo umani e mortali. Il re è nudo!

Questo momento ci sta facendo riscoprire l’importanza della politica e dell’informazione. Il bisogno di leader e manager che sappiano prendere decisioni anche impopolari. Il bisogno di coraggio, ma  non un coraggio muscolare, ma che abbia un quoziente umano. 

Il coronavirus ci impone più obblighi, più fatti e meno retorica. Ci imporne di essere più razionali e meno egoisti. 

Questo momento ci insegna il valore della pazienza. Ci insegna a esplorare nuovi modi di esistere e di resistere, di informarci, di agire, di donare, di ascoltare e aspettare. 

Ma da quel 21 febbraio qualcosa è cambiato e non tornerà più come prima.

Non c’è nostalgia, c’è un’opportunità di mettere un freno a un sistema e a delle abitudini che ci hanno avvelenato. 

Il dopo sarà duro e lento, perché il momento che stiamo vivendo ci accompagnerà per un lungo periodo. 

Dovremmo ricostruire in modo diverso e ripensare a nuovi modelli.  

E quando torneremo ad abbracciarci e darci una stretta di mano, sarà fatto con più consapevolezza e autenticità. E ci stupiremo e ci emozioneremo di come quel gesto fatto fino a prima in modo meccanico acquisterà valore.  

Ma questo succederà tra tanto tempo. 

E per ora #stateacasa

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