Accogliere il cambiamento: la flessibilità in architettura

Architetture, persone e pandemia. Come l’architettura può facilitare la vita delle persone e rendere sicuri e confortevoli i luoghi? E quale la loro funzione in un momento di grandi cambiamenti sempre più rapidi e meno prevedibili?


Marco Visconti, fondatore dello Studio professionale MVa, specializzato in architettura sostenibile per l’industria, ci accompagna nella sua visione di progettazione pensata come lascito flessibile e sostenibile.
“La non flessibilità e sostenibilità in architettura non soddisfa la conoscenza e gli obiettivi dei progettisti e i bisogni delle persone. La caratteristica comune dei nostri progetti è la grande flessibilità, primo elemento per la sostenibilità. I cambiamenti sono sempre più rapidi e imprevedibili. L’edificio deve essere, quindi, in grado di accogliere una popolazione in forte dinamismo. Le strutture devono essere funzionali e il loro costo controllato senza scadere in qualità.
Architetture capaci di generare diversità di usi e soluzioni resilienti al mutare delle condizioni intorno a noi. Accogliere il cambiamento vuol dire ripensare lo spazio in scala umana”.

Marco Visconti

Architettura, rispetto per le persone e l’ambiente

È il rispetto per le persone e l’ambiente l’idea che accomuna i tanti progetti di Marco Visconti.
Le sue opere sono la testimonianza di una ricerca indirizzata verso la miglior relazione tra uomo, edificio e natura, in una logica di interazione reciproca. Base del suo pensiero è la voglia di realizzare spazi in armonia con le persone, il contesto e l’ambiente, voluti per i singoli e per la moltitudine. Fra queste opere i famosi complessi industriali di Melfi per Fiat e Maranello per Ferrari, la torre di Lodi per Zucchetti, gli edifici nel cuore della pista del Mugello, la stazione metro di Rho Fiera, il centro conferenze al Museo dell’automobile di Torino. Marco Visconti è infatti fra i pochi progettisti italiani che possano vantare di aver portato l’architettura per l’uomo ai grandi numeri: più di 20000 persone fruiscono ogni giorno dei suoi edifici, traendone una chiara educazione alla sostenibilità. Esseri umani che frequentemente li attraversano e li vivono, spazi che si modificano a seconda delle esigenze, senza mai intaccare la natura, esaltandone la potenza e la bellezza con un ringraziamento. Strutture che nel tempo rimangono all’avanguardia sia da un punto di vista compositivo che di impiego produttivo, commerciale e sociale. 

Melfi

Tre architetture, tre città, tre grandi edifici capaci di ricalibrarsi alle esigenze dei tempi


Maranello. Ristorante Ferrari. Oggi anche luogo per le vaccinazioni anti Covid e tamponi

Il ristorante Ferrari ha sei anni e si trova nel comparto Ferrari. È il cuore dell’intero edificio dove ogni giorno i 6500 dipendenti passano e trascorrono molto tempo della loro giornata. Lo spazio, oltre ad ospitare il ristorante, ha luoghi comuni, ambulatori e un ristorante privato. Un edificio per accogliere le persone. Un’architettura espressiva, improntata alla flessibilità e alla sostenibilità.

Architettura: Ristorante Ferrari -ingresso-visitatori-facciata-sud-1
Architettura: Ristorante Ferrari -ingresso-visitatori-facciata-sud-1

Una giustapposizione di due volumi aerodinamici ben areati e illuminati. Il grado di esposizione alla luce solare della copertura e delle facciate ha influenzato il progetto. La forma ad ala rivestita di fotovoltaico è chiusa verso sud mentre le vetrate orientate a est e a ovest sono ombreggiate durante buona parte delle ore d’impiego del complesso. La flessibilità dell’ambiente, la corretta ventilazione a illuminazione, ha consentito oggi di trasformare la struttura in luogo per le vaccinazioni anti Covid e tamponi. Gli edifici ben concepiti possono essere trasformati senza distruggere e stravolgere e restare all’avanguardia, da utilizzare facilmente anche per usi futuri, che mutano nel lungo termine. Una architettura ragionata contribuisce a evidenziare la qualità di una società. Lascia un’impronta alle generazioni future. Per garantire la durabilità di un edificio è necessario un cambio di paradigma. La ricerca del miglior rapporto tra uomo, edificio e natura in una logica di rispetto, comprensione e fruizione dell’ambiente.

Torino. Sala conferenze del Museo dell’Auto. Quale le peculiarità della struttura? 

Il progetto ha più di 10 anni ed è stato realizzato all’interno di una struttura già esistente. È stato mantenuto l’involucro mentre l’interno è stato ripensato in relazione all’uso, alla funzione e alle nuove normative. La macchina teatrale ci ha condizionato molto e ci ha dato la possibilità di ragionare sui flussi delle persone e sulle probabili emergenze, come incendi ed evacuazioni, che volumi di questa dimensione necessitano.

In questo progetto la vera sostenibilità è stata fatta dalla flessibilità. Abbiamo eliminato gli ingombri strutturali. Lo studio della gradinata ha consentito di configurare uno spazio unitario e confortevole che garantiscono un rapido deflusso attraverso le uscite ben distribuite lungo il perimetro della sala ai diversi livelli, soddisfacendo quanto richiesto dalla normativa antincendio. La flessibilità e semplicità della struttura si ben ricalibrata nel tempo. Negli anni la struttura si è modellata alle esigenze, permettendo di prestarsi ad altro. Oggi la posizione nevralgica della struttura permetterebbe di essere fruita come luogo per le vaccinazioni, anche perché a fianco di un ospedale, il C.T.O. di Torino. La zona è ben collegata da metropolitana e autobus. La sala, poi, ha una struttura a fisarmonica che permette il giusto distanziamento e di creare spazio in termini semplici e accoglienti. Elemento naturale è dato dal soffitto di legno. La natura che dall’alto ci guarda.

Siamo a Vicenza. Palazzetto dello Sport…

È il principale palazzetto dello sport del capoluogo berico. Un palazzetto dello sport che funziona molto male. Servizi igienici e spogliatoi carenti. Efficienza energetica nulla. L’impronta architettonica degli anni ’70 è l’unica cosa valida. Oggi è un’architettura completamente mangiata da un intervento impiantistico degli anni ’80. Tubi che soffocano la struttura. Un impianto abbruttito da un groviglio di tubi, che tra altro perde energia e di conseguenza la distribuisce male. Il nostro progetto è partito ovviamente dal lavoro impiantistico per cercare di eliminare il più possibile quell’ammasso di tubi e ripensare la funzionalizzazione architettonica ed energetica del palazzetto.

L’interno del Palazzetto dello Sport di Vicenza

Il grande lavoro è stato dare un nuovo aspetto all’edificio. Abbiamo interpretato l’architettura anni ’70 dell’edificio integrandola con nuovi pareti colorate che si aprono come un fiore. Il nostro intervento si prefigge di distruggere il meno possibile, aggiungendo un nuovo stile che comunica con quello precedente. Entro quest’anno i lavori dovrebbero partire. Un palazzetto dello sport deve essere una struttura estremamente flessibile, concepita per essere utilizzata in più modi, a seconda delle esigenze dei tempi. L’uomo al centro della progettazione significa un rapporto forte con le abitudini e la cultura locale filtrato dalle condizioni ambientali.

Un’opera inconclusa suo malgrado?

Il mio primo edificio, dopo la scuola di Renzo Piano, è stato per Ferrovie dello Stato. Un centro di calcolo, uno realizzato a Mestre, mentre quello a Milano è rimasto sospeso. Un’opera pubblica ferma. Un edificio non considerato più necessario. Uno grande scheletro di balena abbandonato nelle vicinanze di Greco. Problemi di ordine, pubblico e igienico. Si potrebbe e dovrebbe ripulire completamente e rimettere il cantiere in moto. Dare un’identità e rispetto alla zona e alle persone che lo vivono. 

Ha ideato e costruito grandi edifici. Quale vorrebbe realizzare?

Un ospedale. Assolutamente d’avanguardia. Ne ho studiati molti. Tranne in pochi casi, e non italiani, le strutture ospedaliere sono tipologie architettoniche standard che vengono abbellite attraverso belle facciate e spazi comuni più gradevoli. Ora non si tratta più di abbellire. Ci vuole una rivoluzione, un cambiamento radicale. Vorrei stravolgerlo. E io ho in testa un nuovo modo di concepirlo.

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