Il Paracadute / Guerra e pace: ‘alzare lo sguardo alla bellezza del tanto’

Erasmo da Rotterdam considerò l’uomo in guerra peggiore delle bestie: “Sono solito domandarmi, spesso meravigliato, cosa mai spinga, non dico i cristiani, ma gli uomini tutti, a tale punto di follia da adoperarsi, con tanto zelo, con tante spese, con tanti sforzi, alla reciproca rovina generale della guerra. Che altro infatti facciamo nella vita se non la guerra o prepararci alla guerra? Neppure tutte le bestie combattono tanto, ma solo le belve, le bestie cattive. E neppure queste combattono fra loro, ma solo se sono di specie diverse. Combattono con mezzi naturali. Non come noi con macchine escogitate da un’arte diabolica.”

Eppure ognuno se interrogato, a meno che non sia folle, non vuole la guerra. Ma poi “ci adoperiamo con zelo, spese e sforzi alla reciproca rovina della guerra”.

La follia dunque alberga costantemente in noi come una malattia che aspetta solo il momento propizio per svilupparsi. E da questo siamo talmente presi che abbassiamo lo sguardo dalla bellezza del tanto, alla paura del poco, quando il poco è la visione ristretta dell’ego. Riduciamo la nostra visione a piccole cose contingenti che assumono così grande importanza, nascondendo le conseguenze della nostra ignavia. Da sempre il piccolo uomo egoico, automatico, identificato e drogato da ogni ideologia che lo tiene dipendente, non percepisce l’insieme, non vede il futuro e calpesta la verità del presente. Così oggi, come da tempi immemorabili, pur con risorse e possibilità straordinarie riviviamo costantemente l’incubo della morte, poiché non vediamo la priorità generale del mondo, persi nelle piccole cose del relativismo.

Kant ci suggerisce che nell’uomo esista un primigenio stato di automatismo, ove l’egoismo e l’istinto di sopravvivenza si manifestano con la guerra. Una primitiva condizione, da cui l’Uomo deve prima di tutto emancipare sé stesso svegliando la propria coscienza e il proprio alto intelletto. Kant ci consiglia una soluzione moderna e condivisibile; ci propone l’idea che, per uscire da questa condizione, occorrerà procedere verso la costituzione di uno Stato mondiale organizzato come una federazione globale, dove ciascun popolo possa vivere liberamente e dove ogni conflitto sarà superato con la fine degli egoismi nazionali. Saranno infine le stesse terribili conseguenze della guerra a condurre gli uomini verso la pace perpetua. Fino ad allora bisognerà evitare ogni tipo di guerra che miri alla distruzione totale dell’altro poiché «nessuno Stato in guerra con un altro deve permettersi comportamenti ostili che, nella pace futura, renderebbero impossibile la fiducia reciproca» e bisogna abbandonare l’idea che vi possa essere una guerra punitiva o “giusta” come se questa fosse stata pronunciata tale da un giudice superiore, giusto e imparziale.

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Filosofo, antropologo e ricercatore, conduce da più di 30 anni corsi e seminari.

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