Il paracadute / ‘Ricomporsi’ per scegliere la non violenza

In un’epoca caratterizzata da incertezze e complessità, la scelta di adottare un comportamento non violento si pone come un atto di resistenza contro le correnti culturali dominanti, spesso impregnate di tendenze psicotiche e di un marcato narcisismo. Questa cultura psicotica, dominata da azioni irrazionali e false credenze, spinge le persone oltre i limiti della ragione. Parallelamente, il narcisismo esasperato accentua l’autocelebrazione a scapito della capacità di empatizzare con gli altri.

Nel contesto attuale, la non violenza assume un significato che supera la mera capacità di empatizzare, trasformandosi in un approccio più profondo che include anche la comprensione dei neuroni specchio. Queste cellule cerebrali, attive sia nell’esecuzione che nell’osservazione di un’azione, forniscono uno sguardo sul modo in cui la nostra biologia influisce sulle interazioni umane. Il cammino verso la non violenza diventa così un viaggio interiore, che necessita di una sensibilità acuta verso le proprie emozioni e le loro ripercussioni. Questo processo ci consente di destrutturare le inclinazioni interne che portano alla violenza, sia verso noi stessi che verso gli altri.

Costruire un rapporto sincero con sé stessi

In un mondo dove atteggiamenti superficiali come il ruminare negativamente o la lamentela possono nascondere una violenza inespressa, è cruciale evitare che queste emozioni negative si accumulino in maniera distruttiva. La scelta di rifiutare la violenza diventa quindi un impegno consapevole per costruire un rapporto sincero e profondo con sé stessi, gestendo le emozioni in modo costruttivo.

La non violenza si rivela non solo come un principio etico o una metodologia di resistenza, ma come uno stile di vita che implica una profonda comprensione di sé e dell’ambiente circostante. Questo impegno ci spinge a riconoscere la nostra interdipendenza con gli altri, combattendo contro le forze di una cultura psicotica e narcisistica per edificare un mondo più equilibrato e pacifico.

In questo quadro, episodi di cronaca come femminicidi e litigi esasperati per motivi banali riflettono la permeazione di questa cultura violenta nella vita quotidiana. L’ammirazione verso figure note per la loro violenza dimostra quanto profondamente queste tendenze siano radicate nella società.

Pensiero critico verso realtà distorta

Per gli individui disorientati e superficiali, l’immersione in una cultura psicotica rappresenta una sfida intricata. La confusione si intensifica in un ambiente dove la distinzione tra realtà e finzione diventa opaca. Queste persone sono particolarmente esposte a influenze esterne nocive, inclini a essere trascinati da ideologie illogiche senza radici solide di pensiero critico.

Le relazioni diventano complesse in un contesto di realtà distorta, mentre la salute mentale è a rischio in un ambiente che può aggravare problemi esistenti o dar vita a nuovi disturbi. La mancanza di un’elaborazione critica e riflessiva perpetua un ciclo di pensiero e azione irrazionale. Inoltre, comportamenti distruttivi o autodistruttivi vengono normalizzati, aumentando il rischio di adottarli senza consapevolezza delle loro conseguenze.

La vita in una cultura psicotica rappresenta per l’individuo disorientato e superficiale un ambiente fertile per ulteriori disorientamenti e problemi. Affrontare questa realtà richiede un impegno attivo, una consapevolezza critica per distinguere e respingere le distorsioni della realtà, passi fondamentali per chi cerca di navigare in un mondo sempre più complesso e interconnesso.

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Filosofo, antropologo e ricercatore, conduce da più di 30 anni corsi e seminari.

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