Il Paracadute / Amore a prima vista

Nella settimana di San Valentino la rubrica di Sauro Tronconi ‘Il Paracadute’ si arricchisce di racconti brevi, semi di consapevolezza per esperienze di vita ‘reali’.

Quando Marianna si rese conto che l’uomo che stava per sposare era eguale a tutti gli uomini che aveva incontrato nella sua breve vita, si sentì perduta, ebbe una vertigine di consapevolezza, il mondo sembrò muoversi e vibrare, nulla stava più al suo posto.

Ebbe questa chiarissima percezione alla stazione di Bologna, guardando il suo fidanzato sul marciapiede della stazione che la salutava, mentre lei, da dentro il treno, lo guardava attraverso il finestrino, senza fare alcun gesto. Intanto il treno al rallentatore partiva e lui per qualche passo lo seguiva, continuando a salutarla.

Marianna tornava a Roma dai suoi genitori, per una visita prima del matrimonio, che l’avrebbe vista trasferirsi definitivamente a Bologna.

Con Giovanni, il suo attuale fidanzato, si era incontrata per la prima volta sei mesi prima ed era stato amore a prima vista. Lui si era avvicinato, ad una cena di amici comuni, le aveva fatto un complimento del tipo:

“Quando sorridi ti si illumina tutto il volto.”

 oppure: 

“Quando parli le tue parole mi entrano dentro.” 

O qualche altra cosa, non ricordava bene; comunque da quel momento in poi lo aveva visto sotto una luce diversa, era scattato qualcosa…

Il treno aveva acquistato velocità e Marianna seduta in uno scompartimento affollato, ma vicina al finestrino, guardava fuori senza vedere nulla, al paesaggio si sovrapponevano i pensieri e i ricordi in strani ed inusuali modi. Ad esempio, cercava di ricordare il loro primo incontro e cosa era scattato, ma non ci riusciva; ricordava solo ciò che adesso significava quel rapporto, non aveva una vera memoria dei propri sentimenti passati. Certo, ricordava abbastanza bene le scene e i particolari, ma non ricordava ciò che aveva sentito allora, e si accorse di sostituire quelle sensazioni con ciò che provava adesso per quell’uomo.

Lo stordimento aumentò sino a farle male fisicamente, la assalì un senso di nausea fastidiosa. Distolse per un attimo lo sguardo dall’esterno per dare una rapida occhiata ai suoi compagni di viaggio, vi erano altre cinque persone nello scomparto, tre donne che giudicò insignificanti e due uomini; un ragazzetto e un uomo di età indefinita in un completo grigio fumé senza cravatta, intento a leggere un quotidiano. Ritornò subito con lo sguardo all’esterno, perdendosi di nuovo.

Tornò con la mente ad una loro conversazione:

“Mi ami? Ti vedo un poco assente, a cosa pensi? Ti sto parlando e sembra che non mi ascolti… Allora… Ci sei?”

“Sì, Giovanni, ci sono, e tu mi hai ascoltato? Ti rendi conto che a me non interessa cosa dice tua madre a proposito dell’educazione dei figli? Oltretutto noi non abbiamo figli e non sono sicura che ne avremo!”

“Cosa c’entra questo? Veramente ti stavo parlando del mio lavoro e di cosa è successo in ufficio.”

“E tu, mi ami? Giovanni, mi ascolti?”

Si accorse di non sapere quando quella conversazione si fosse svolta, le sembrava che ogni loro conversazione, pur avendo argomenti diversi, fosse identica, cioè sganciata, separata. Come se i loro dialoghi dividessero, invece di unire.

Di nuovo, dolorosamente, la consapevolezza della scoperta si fece strada in mezzo ai sogni ad occhi aperti. Era già accaduto con altri, cercò di ricordare altre conversazioni con uomini del suo passato, ma non vi riuscì, sembrava che tutte le conversazioni si sovrapponessero, che fossero uguali e che tutti avessero lo stesso volto, quello di Giovanni. 

Chiuse gli occhi come se i pensieri fossero troppi, ma i pensieri sono dentro, non fuori e ricordò quando facevano sesso, per l’esattezza tentò di ricordarlo; in verità, quello che venne fuori fu solamente una serie di pezzi scollegati, con uomini diversi che lasciavano poco e nulla, solo vaghe e lontane sensazioni, idee e sogni erotici mischiati.

Tutto uguale? “No – pensò – li ho amati in modo diverso, amo Giovanni in modo differente da qualunque altro uomo.”

Purtroppo non riusciva a ricordare, non ricordava il sentimento, non lo distingueva, era tutto molto confuso. Lo aveva notato quando lui le aveva dato attenzione. Ecco, lì era scattato l’amore a prima vista. Ma perché non ricordava nulla? Ricordava solo l’idea dell’amore a prima vista. E adesso? Cosa provava adesso? Era innamorata di quell’uomo? E di tutti gli altri che aveva incontrato? Erano tutti nella medesima posizione, i volti confusi gli uni con gli altri. Seppe che non sapeva ciò che sentiva.

Le si riempirono gli occhi di lacrime e dovette aprirli per farle sgorgare fuori a rigarle di trucco il volto, ed in mezzo a quella visione acquea vide un volto indistinto che le porgeva un fazzoletto di carta, era l’uomo in completo fumé che le diceva:

“Tenga un fazzoletto, vedrà che non è nulla e comunque i suoi occhi anche in mezzo alle lacrime sono splendenti!”

Sentì che scattava qualcosa in lei e notò quell’uomo, ogni pensiero fu spazzato via, fu amore a prima vista.

“Mi chiamo Giovanni.”

Disse l’uomo con il completo fumé.


Tratto da “Il cuore dietro la maschera” di Sauro Tronconi

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Filosofo, antropologo e ricercatore, conduce da più di 30 anni corsi e seminari.

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