Il corridoio e le celle di San Vittore
Corridoio e celle di San Vittore

Visitare il quartiere ‘nascosto’: le voci e i volti di San Vittore in mostra all’Umanitaria di Milano

Un progetto, ora mostra, nato per incontrare e ascoltare le storie delle persone che abitano San Vittore: è ‘Il carcere: quartiere della città’.

È un quartiere particolare quello della Casa circondariale di Milano, in cui ogni giorno entrano persone che lo frequentano per lavoro o per passione civile e spirituale, per poche o per tante ore.

Biografi formati alla LUA – Libera Università dell’Autobiografia e coordinati da Laura Gaggini ha raccolto più di cinquanta interviste che sono state registrate, sbobinate e successivamente sottoposte ai protagonisti per eventuali correzioni.

Queste storie di vita fanno da cornice a una mostra fotografica realizzata da Margherita Lazzati, che ha raccolto immagini dei luoghi del carcere di San Vittore.

La mostra è visitabile nel Chiostro dei Glicini, presso la Società Umanitaria con ingresso da via San Barnaba 48, fino a sabato 10 luglio 2021 dalle 8.30-20.00.

A promuovere il progetto, l’associazione “Verso Itaca APS” insieme alla “Casa Circondariale San Vittore” con il sostegno per due annualità di Fondazione Cariplo.

“Il filo che tiene insieme questo progetto è l’idea che davvero il carcere sia un quartiere della città dove uomini e donne si sono trovati a vivere gli uni accanto agli altri per passione, per scelta, per errore o per imprevedibili circostanze della vita – spiega Carla Chiappini, Verso Itaca APS – . E l’obiettivo è quello di collocare questo quartiere ricco di umanità nel cuore della città esterna”.

In questo senso, “nel carcere di San Vittore, con l’autorizzazione del Direttore Giacinto Siciliano e il costante accompagnamento della Dottoressa Elisabetta Palù, ho fotografato celle, gallerie, cortili, mura e orizzonti ristretti – racconta Margherita Lazzati -. Al centro della città, luoghi che alla città sono inconsapevolmente sconosciuti”.

Chi non si vede è al centro

“A differenza delle fotografie che ho presentato fino a oggi, qui non si vedono quasi mai persone – chiude la fotografa -. È una mostra che inevitabilmente parla degli spazi fisici, obbligati, che le persone vivono. Detenuti, polizia penitenziaria, operatori, volontari… non compaiono, ma sono i veri protagonisti di questi luoghi”.

Alla realizzazione hanno collaborato: AUSER, Centro Nazionale di Ricerche e Studi Autobiografici Athe Gracci, Progetto Ekotonos, Quartieri Tranquilli e il patrocinio della Camera Penale di Milano. La mostra è curata dalla Galleria l’Affiche di Milano.

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