Cosmesi po-etica 

“Quel ramo del Lago di Como, versi famosi che evocano luoghi col tempo diventati anche terre di imprenditori coraggiosi e visionari. Nel nostro caso, però, non si tratta del “ramo” menzionato dal Manzoni (ossia quello di Lecco), ma di quello che accarezza la città di Como.  Dove è nata una realtà come quella di J.AND.C.: ispirata alla “bellezza” di quei luoghi, perché è un’azienda che produce cosmetici, e alla “poesia” per il modo in cui è guidata dalla sua fondatrice, Giada Mieli, la cui visione ‘romantica’, come ce la racconta lei stessa, l’ha portata ad impostare un progetto imprenditoriale che ha messo al centro l’etica, l’uomo e l’ambiente, piuttosto che il fatturato.

La bellezza degli ‘scarti’

Classe 1972, sorriso accogliente e garbato, Giada è la terza rampolla della terza generazione di una famiglia di imprenditori serici (ossia della seta), che nel 1999 ha deciso di creare una propria start-up, sempre basata sulla seta, non più nel ramo tessile, ma in quello della cosmesi.

Giada Mieli
Giada Mieli

Com’è nata questa idea?

Volevo investire nella creazione di un prodotto in linea con il modello di economia circolare, che consiste nel riciclare materiale di scarto (nobile) di un’industria, per dargli nuova vita, trasformandolo in tutt’altro prodotto, e posso dire di essere stata la prima nella mia città, ed una delle prime in Italia a puntare su questo modello. Così ho iniziato questa avventura, basata appunto sul recupero della sericina, che è una materia prima che si estrae dalle acque di bollitura della seta, ed è la proteina che, oltre a ricoprire il filo di seta, ha le peculiarità sia di idratarlo che di rigenerarlo in brevissimo tempo, in caso di rottura. 

Come hai scoperto il potenziale che offriva il recupero di questa materia prima?

Tutto è partito grazie all’incontro con un chimico, che mi ha raccontato la storia della sericina, utilizzata nei cosmetici fin dagli anni ottanta per motivi di marketing, in quanto la parola “seta”, scritta sulle confezioni di creme per il viso, attirava più clienti. Ho iniziato quindi a studiare questa proteina, ed ho scoperto che si legava perfettamente alla cheratina, altra proteina che abbiamo nella pelle e nei capelli, e questo semplicemente perché la struttura chimica della cheratina è identica a quella della fibroina, che è un’altra proteina del filo di seta. L’intuizione è stata quella di mettere insieme le due cose. 

Ma che differenza c’è con la ‘seta’ di cui parlavi prima?

La nostra sericina è integra, ossia esattamente com’è in natura, presa dal filo di seta. Possediamo l’unico impianto al mondo per il recupero di questa materia prima, quindi, la nostra lavorazione non distrugge la proteina e ne lascia intatte le proprietà.
Nel 2006 l’Università di Tokyo ha analizzato le sericine provenienti da aziende di tutto il mondo, e la nostra è risultata l’unica integra. Nello specifico, all’interno della sericina integra c’è una parte, denominata sericina M, che ha la capacità di rigenerare il tessuto cutaneo del 250% in tre giorni.

Quando è iniziato il progetto, eravamo in tre aziende, che avevano a disposizione dei fondi dell’Unione Europea, fondi che poi sono finiti, così le altre due si sono ritirate e sono rimasta la sola a crederci e ad andare avanti con le proprie forze… oggi un impianto così costerebbe troppo, quindi il mio è rimasto l’unico.

La natura insegna

Cosa accade di preciso nel processo?

Ciò che accade è che la natura ha fornito al bozzolo questa materia prima, con il compito, in caso di rottura, di rigenerarsi nel minor tempo possibile per non perdere il microclima caldo-umido all’interno del quale avviene la metamorfosi da bruco in farfalla. Se così non fosse, si estinguerebbe la specie e poiché la cheratina della nostra pelle è identica al filo di seta, ecco che la sericina M, se ‘vede’ un danno cutaneo, interviene e lo ripara, esattamente come farebbe col bozzolo.

Quando tu leggi sulle confezioni di marchi famosi, ad esempio uno shampoo o una crema ‘alle proteine della seta’, ebbene, quella seta non è estratta dal filo, ma dal tessuto, e poiché i tessuti sono trattati con false tinte, ossia sostanze tossiche utilizzate per non rovinarli, quelle sostanze te le ritrovi anche nella tua crema o nel tuo shampoo.

Cosa vuol dire l’acronimo che avete scelto?

Jade, Andrea e Cristina, le iniziali mie e dei miei fratelli hanno dato il nome al marchio, che è regolarmente registrato, mentre il procedimento non lo è, per evitare di esporlo pubblicamente, in quanto le aziende seriche sono tutte un po’ gelose dei propri “segreti”… pensa che il nostro lo custodiamo solo in tre: io, mio padre e mia sorella, e per questo viaggiamo sempre separatamente… ad esempio, se facciamo un viaggio intercontinentale verso la stessa destinazione, prendiamo aerei differenti.

Ci sarà prima o poi un passaggio di testimone ad un’altra generazione?

No, non abbiamo figli e questo segreto morirà con me…


In che senso?

C’è una ragione, ed è un motivo etico che mi sta molto a cuore: nel mio campo, vedo aziende rinomate che, per investire in pubblicità, risparmiano sulla qualità, usando materiali scadenti. Alcune di queste mi hanno anche fatto delle offerte per comprare il mio marchio, ma non potrei mai accettare, perché sento il peso della responsabilità… 

I soldi non sono tutto, anzi, meglio non farne troppi, perché più ne hai, più aumentano i problemi! Io ho fatto una scelta di vita che mi permette di dormire serena e con la coscienza a posto, non voglio lasciare il marchio con i nostri nomi nelle mani di “squali” che pensano solo a fare soldi sulla pelle delle persone, e se non ci sarà un “erede” degno e assolutamente fidato, che non si lascerà tentare da facili profitti risparmiando sui costi (con conseguente perdita della qualità), è meglio che il segreto muoia con me … 

Responsabilità, una scelta consapevole

Questa scelta ha a che fare anche con la tua collaborazione con lo IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano?

Alcune nostre creme vengono utilizzate dall’istituto per il trattamento dei pazienti dopo la radioterapia, quindi devono avere determinate caratteristiche, e non possono andare al di sotto di un certo standard qualitativo, cosa accadrebbe se il mio marchio finisse nelle mani di imprenditori senza scrupoli, e nel nome del profitto decidessero di sostituire gli ingredienti dei prodotti con altre sostanze, scadenti e a basso costo? Come dicevo prima, sento il peso di questa responsabilità, non mi interessano i soldi, se no avrei attuato delle politiche aziendali diverse, ma nella vita esistono anche altre cose, e andare a dormire la sera col sorriso sulle labbra e la consapevolezza che il tuo prodotto allevia le sofferenze di alcuni ammalati, è qualcosa che per me non ha prezzo. 

Quindi è possibile al giorno d’oggi fare impresa, mettendo al centro l’uomo e l’ambiente?

Assolutamente sì, anzi è fondamentale. Chi non lavora in questo modo è “vecchio” (e purtroppo di ‘vecchi’ ce ne sono tanti in giro), perché non puoi pensare al fatturato senza pensare al mondo che lasci a chi verrà dopo di te. Oggi i giovani con talento se ne vanno all’estero perché non vogliono essere sfruttati, e anche io avrei potuto spostare la mia azienda in Svizzera, per pagare molte meno tasse, ma non voglio perdere il ‘Made in Italy’, e in più non dimentico mai il fatto che ho una responsabilità anche nei confronti delle persone che lavorano per noi (circa una cinquantina) e delle loro famiglie, ed è un’altra ragione per cui non posso cedere la mia azienda: perché non posso permettere che una sola di queste famiglie possa finire sul lastrico, per colpa di avvoltoi che una volta acquisita una società hanno l’abitudine di sventrarla e licenziare parte del personale, per risparmiare sui costi. Per me l’etica conta più del fatturato.

Come coniugare il business con l’attenzione alle persone che lavorano per l’azienda? 

Guarda, noi anche durante il Covid siamo riusciti a non licenziare nessuno, anzi, abbiamo confermato e assunto altri lavoratori. Il problema dell’imprenditoria in Italia, oltre alle tasse troppo alte, è il fatto che gli imprenditori non hanno sviluppato la capacità di ascolto, né delle persone che hanno di fronte, né dell’ambiente che li circonda.

A proposito di “ascolto”, tu hai un passato anche come musicista: quanto ha influito sul tuo lavoro la passione per la musica?

In maniera totale, proprio in virtù di quel che ho appena detto: la musica mi ha insegnato proprio a sviluppare questa capacità di ascolto… poi, essendo batterista, mi ha trasmesso anche la percezione del ritmo, e se consideriamo che ero istintiva e autodidatta, ho sviluppato anche creatività e improvvisazione, doti che nel mio lavoro mi hanno aiutato tantissimo.

Come è il rapporto con i tuoi dipendenti?

Da noi si respira un’aria positiva, siamo come una grande famiglia… c’è rispetto reciproco e grande considerazione per il lavoro che ognuno svolge, cerco sempre di farli sentire coinvolti, a volte anche con dirette sui social, in cui diventano protagonisti e spiegano il tipo di lavoro che stanno facendo in quel momento.

Grazie a uno di questi video sono stata contattata dalla redazione di un programma di Rai 2, che tratta tematiche ambientali, e così tutta la troupe è venuta nel nostro stabilimento a riprendere e montare un servizio che poi è andato in onda nel programma, ma la soddisfazione più grande, sai qual è stata? Quando la presentatrice si è accorta che la crema che usava quotidianamente era uno dei miei prodotti! 

Cosa ha cambiato quella visibilità?

Innanzitutto, si sono moltiplicate le scolaresche in visita da noi. La mia azienda è aperta a tutti, chiunque può venire a visitarla, e io sono ben lieta di mostrare come lavoriamo, ma mentre prima arrivavano solo dalla mia zona, ora vengono da tutta Italia, e addirittura da Parigi! Ed ecco che qui torna utile la dote dell’improvvisazione, perché sono adolescenti che hanno dei ‘linguaggi’ diversi dagli adulti, e cerco di coinvolgerli e appassionarli, entrando in sintonia con loro, lasciandoli liberi di trasformare la loro visita in una Storia di Instagram, o in un video di Tik Tok… anzi, mi faccio anche taggare! 

Intuizione, positività e bene comune

Ai giovani che vengono a visitare l’azienda che consigli dai?

Ai giovani dico che nella vita bisogna essere intraprendenti, osare e rischiare, credere nel valore del lavoro e nelle proprie intuizioni, anche sbagliando, ma soprattutto non lasciarsi mai ingannare dai soldi ‘facili’, perché i soldi che arrivano facilmente, vanno via altrettanto facilmente! Alla fine della visita, regalo loro gadget e campioncini, tutti vanno via contenti, ed anche io torno a casa col sorriso, e con nuovi giovani amici che spesso restano in contatto e continuano a seguirmi attraverso i social.

In sostanza, quello che rispecchia il tuo percorso di vita…

Certo, quando ho iniziato nessuno mi ha regalato niente, ho chiesto un prestito in banca e ho investito sulla mia ‘intuizione’. Non è facile vivere con una ‘spada di Damocle’ sulla testa, è come avere due persone dentro di sé, una negativa, che ti dice che non ce la farai mai e tende a buttarti giù, e l’altra positiva, che invece ti riporta su e ti convince che ce la farai… in sostanza il tuo successo dipende da quale delle due prevarrà alla fine, e se capisci che anche i momenti negativi e le numerose ‘porte in faccia’ che ricevi ti servono a imparare qualcosa, a capire il mondo e a indicarti la strada giusta, stai pur certo che alla fine prevarrà la ‘persona positiva’.

C’è un imprenditore che consideri un ‘modello’ a cui ispirarsi?

Sinceramente no. Non mi sono mai ispirata a nessun grande imprenditore, ma preferisco ispirarmi a grandi uomini: il mio modello è sempre stato Ghandi, con la sua capacità di fare grandi cose, non per se stesso, ma con una visione del mondo rivolta verso gli altri. 

Un’ultima domanda: nella tua vita hai fatto di tutto, dalle pulizie alla musicista, per poi diventare imprenditrice. C’è qualcosa che non sai fare e ti piacerebbe imparare?

Sì, c’è una cosa: mi piacerebbe imparare a fare la “verticale”, in equilibrio a testa in giù, reggendomi sulle braccia…

E mentre la salutiamo, pensiamo che, la verticale, anche se metaforicamente, Giada l’abbia già fatta.

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Musicista e scrittrice

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