Sostenibilià: la crisi rallenta la corsa alle buone pratiche

La rivoluzione della sostenibilità nel mondo imprenditoriale italiano è rimandata. Questo è quanto segnala il IV Osservatorio annuale Sostenibilità & Comunicazione, promosso da Mediatyche e Homina, agenzie iscritte a Una Comunicazione, e curato da Format Research. I risultati sono stati illustrati nel corso di un webinar cui hanno partecipato, tra gli altri, il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e il presidente Piccola Industria e vice presidente di Confindustria, Carlo Robiglio.
 I buoni propositi del 2019 sembrano, dunque, essere rimasti in un cassetto a causa della pandemia e, nonostante la consapevolezza della necessità di un salto di qualità ambientale, sociale ed economico sia sempre più diffusa tra gli imprenditori, i gap strutturali del sistema Italia continuano a pesare.

“Il nostro è un paese spaccato in due – spiega Pierluigi Ascani, Ceo di Format Research – le grandi imprese corrono, anche perché spesso obbligate dalla legge, mentre le pmi continuano a scontrarsi con alcuni ostacoli. La percezione è buona: l’84% ritiene la propria azienda molto o abbastanza sostenibile, ma poi la realtà racconta che solo il 17% delle imprese ha un dipendente che si occupa di sostenibilità e più di un’impresa su due lamenta difficolta sia di budget che di personale. Segno che ancora si investe poco, soprattutto in momenti di crisi. Ciò che fa ben sperare è la consapevolezza: per l’85% delle realtà intervistate, adottare buone pratiche ambientali, sociali ed economiche incide favorevolmente sulla brand reputation. E ben il 46% pensa che, chi non si adegua, rischia di essere tagliato fuori dalla competitività”.

Grandi aziende avanti, Pmi frenate

Guardando ai dati dell’indagine, cresce il numero di imprenditori che definiscono “sostenibile” la propria attività: dall’83,8% del 2019 all’84,1% del 2020. Ma nel 93,1% dei casi si tratta di grandi aziende sopra i 250 dipendenti.

Per il 97% degli intervistati le buone pratiche sono prima di tutto ambientali; con la crisi post Covid aumenta la sensibilità verso forme di welfare integrativo, determinanti per l’83,6% degli imprenditori (72,6% nel 2019)
Per le piccole imprese pesa per il 45,7% la mancanza di budget e per il 37,3% l’assenza di personale adeguatamente formato.

Comunicazione in ritardo

In area ambiente, 9 aziende su 10 fanno la differenziata ma meno di una su 5 rinuncia all’acqua in bottiglia. E poco più di una su 10 compensa le proprie emissioni di co2.

Quanto al sociale, il 56,4% delle aziende prevede forme integrative di welfare, soprattutto nell’industria e nella finanza. Ma, a causa del Covid, il 40% ha dismesso la mensa interna e il 18% ha chiuso i nidi aziendali.

La pandemia ha inciso sulle modalità lavorativa per molti e il 44% degli imprenditori ha dovuto far ricorso al lavoro a distanza e oltre il 53% di queste realtà continuerà ad utilizzarlo anche al termine della pandemia

Cresce, intanto, la percentuale di imprese che redige un bilancio ambientale o di sostenibilità: dal 10,2% del 2019 al 16,3% del 2020. Ma meno di un’azienda su 5 ha al suo interno un responsabile della sostenibilità.

È in tema di comunicazione che le imprese segnano un forte ritardo: solo una su dieci trasforma in statistiche rendicontabili le proprie buone pratiche. Così si perde in competitività e brand reputation. La proposta degli ideatori della ricerca è quella di prevedere una premialità in sede di gara pubblica per le aziende che depositano il bilancio ambientale o di sostenibilità.

Occhi puntati sul Piano di Ripresa e Resilienza

“I dati presentati ci danno un segnale confortante: ovvero che sta aumentando la consapevolezza sull’importanza dei temi legati alla sostenibilità – sottolinea Carlo Robiglio, presidente Piccola Industria e vice presidente di Confindustria –. Spesso, infatti, gli italiani sono poco consapevoli dei vantaggi competitivi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Molti non sanno che siamo leader europei nell’economia circolare grazie alla nostra storica tradizione di Paese trasformatore. Le Pmi sono state duramente colpite dalla crisi legata al Covid 19 e vanno sostenute nell’adozione di politiche ‘sostenibili’. Costi elevati, difficoltà burocratiche e scarsa informazione sono i principali ostacoli che incontrano le piccole e medie imprese.Bisogna agire in fretta, quindi, sulla semplificazione amministrativa, sulla leva fiscale, sugli incentivi e sulla formazione”.

Per questo, sottolineano organizzatori della ricerca e relatori, serve concentrarsi sugli strumenti a disposizione, primo tra tutti il Piano di Ripresa e Resilienza cui sta lavorando il governo, che destinerà circa 147 miliardi di euro su 196 allo sviluppo di progetti di sostenibilità. Dalla digitalizzazione, all’industria 4.0, dalle politiche di inclusione all’economia circolare.

“Siamo consapevoli – è intervenuto il ministro Costa – che questo è stato un anno complicato, che possa aver minato il desiderio delle imprese di proseguire il cammino verso la sostenibilità. Ma proprio per questo come Ministero, abbiamo approntano una serie di strumenti normativi e tecnici per aiutare le imprese italiane a trasformarsi e ad abbracciare il mondo green. Ben consapevoli che, in questo caso, le prospettive di crescita e di esportazione aumentano decisamente, come ci raccontano i dati.  Parlo della finanza green, ad esempio, attraverso la quale i principali istituti bancari si sono affiancati al Ministero dell’Ambiente istituendo una linea di credito agevolata e ad hoc per le aziende green. Penso alle Zea, le zone economiche ambientali, dove sono stati introdotti una serie di vantaggi fiscali per le aziende verdi. Sono strumenti messi in campo proprio per consentire al tessuto produttivo del Paese di compiere quel passo in avanti necessario alla trasformazione del paradigma ambientale ed economico“.

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