La fauna selvatica è calata del 69%: l’allarme del WWF sullo stato di salute della natura

È un calo medio devastante quello subìto dalle popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci dal 1970 in tutto il mondo: le popolazioni di fauna selvatica monitorate dal Living Planet Report (LPR) 2022, il rapporto biennale sulla salute del pianeta, che il WWF lancia a livello globale, sono calate in media del 69%.

Il report evidenzia le drammatiche prospettive dello stato di salute della natura e lancia un appello urgente ai governi, alle imprese e all’opinione pubblica: serve subito un’azione di trasformazione per invertire la drammatica perdita di biodiversità, che insieme all’emergenza del cambiamento climatico indotto dall’uomo minaccia il benessere delle generazioni attuali e future.

Le popolazioni monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi hanno mostrato i peggiori trend, con un calo medio del 94% dal 1970. Nello stesso periodo, le popolazioni monitorate in Africa sono diminuite del 66%, mentre quelle in Asia-Pacifico sono diminuite del 55%. In Nord America, le popolazioni monitorate sono diminuite del 20%, mentre l’Europa e l’Asia centrale hanno registrato un calo del 18%, sebbene questi numeri non siano certo positivi, in quanto gran parte della perdita di biodiversità in queste regioni si è registrata nei decenni precedenti.

Tra i gruppi animali analizzati, le specie d’acqua dolce mostrano il calo più marcato, con un declino medio dell’83%.

Le cause del declino

Secondo il Living Planet Report le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono i cambiamenti nell’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, il cambiamento climatico, l’inquinamento e le specie aliene invasive, le minacce provenienti da agricoltura, caccia e bracconaggio, e deforestazione sono particolarmente gravi ai tropici, mentre hotspot di inquinamento sono particolarmente importanti in Europa. Inoltre a meno che non limitiamo il riscaldamento a meno di 2°C, o preferibilmente 1,5°C, è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nei prossimi decenni.
Il rapporto sulla salute del pianeta chiarisce che non sarà possibile realizzare un futuro nature-positive senza riconoscere e rispettare i diritti, la governance e la leadership nella conservazione dei popoli Indigeni e delle comunità locali in tutto il mondo.

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