La famiglia Callipo: Pippo e i figli Filippo Maria e Giacinto
Pippo Callipo e i figli Filippo Maria e Giacinto

Crescere in un mare di sostenibilità

Da tempi in cui la sostenibilità non era una tendenza nel nostro Paese, il gruppo Callipo è impegnato in un percorso di sviluppo attraverso l’adozione di comportamenti socialmente responsabili.

A raccontarci l’origine di questo impegno è il presidente Pippo Callipo, alla guida di una holding, Callipo Group, che fornisce servizi e consulenza alle 6 società controllate che operano nei mercati del turismo, dello sport, della produzione di gelato e della distribuzione di prodotti frozen. Un totale di 460 dipendenti, aziende con business diversificati ma “accomunate da un’unica mission: la qualità totale e l’attenzione al territorio di appartenenza”, la Calabria, con uno sguardo anche al resto del Paese.

Prima le persone

Quasi vent’anni fa, nel 2005, la Giacinto Callipo Conserve Alimentari è stata inserita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali all’interno del progetto Corporate Social Responsibility come una delle 30 aziende italiane che hanno posto alla base del ‘fare impresa’ una forte attenzione alle problematiche sociali ed ecologiche.

Nel 2016, con il progetto Special Cook, ha dato vita a un talent di cucina che si svolge in diversi ospedali italiani e, sempre in un ospedale, quello di Niguarda di Milano, all’interno del reparto Disturbi dei Comportamenti Alimentari ha aperto la prima ‘Special Kitchen’, una cucina mobile per un progetto educativo e formativo per la sana alimentazione in ospedale.
E ancora, l’impegno nello sport con il sostegno alla Volley Tonno Callipo Calabria e quello a favore della Associazione Italiana Persone Down.
La nostra chiacchierata con Pippo Callipo parte da un paio di decenni fa.

In Callipo siete stati pionieri della sostenibilità.

Siamo stati i primi in Italia a chiedere un prestito di un milione di euro a livello aziendale, frazionato in 20 mila euro a ciascun dipendente con un tasso irrisorio, meno dell’1%. Sapevo di fare una cosa utile per i dipendenti, ma ne ho capito davvero l’importanza solo dopo. Anche se sono oltre 400 li conosco uno per uno, ho un colloquio diretto con loro e ho visto che, innanzitutto, molti si sono tolti dei finanziamenti onerosi, aperti anche al 7/8% di tasso di interesse, qualcheduno mi ha detto ‘sposo la figlia’, qualcuno ‘finalmente riparo la casa’.

Anni fa poi abbiamo dato il primo premio di produzione, prima di 600 euro poi di 800, 1000, adesso un po’ tutte le aziende stanno imitando nel bene questa cosa e chi ha dei margini sufficienti dovrebbero farlo, non ci dimentichiamo che i margini sono sempre creati da tutta l’organizzazione.

E poi molto altro: come le visite mediche per i dipendenti, a partire dallo screening per il tumore al seno perché abbiamo una grande percentuale di personale femminile, o le occasioni di lavoro che diamo ai detenuti del carcere di Vibo Valentia.
Diciamo che siamo attenti a restituire al territorio una parte di quello che dà a noi.

Il primo sguardo è stato quello sulle vostre persone.

Ho sempre sostenuto che il capannone o le attrezzature sono uno strumento; sono le persone, dipendenti e collaboratori, che danno vita all’azienda. Soprattutto sposando quella che è la nostra filosofia di lavoro, quella dei miei antenati: la qualità, innanzitutto, che da noi è il motto principale e su questo non deroghiamo nemmeno nei momenti di rallentamento del lavoro, di difficoltà economica.
Negli anni ci ha ripagato, le persone hanno capito che ci permette di superare le crisi, i costi energetici che crescono; magari non di fare utile o margini come accadeva prima, ma quantomeno di difenderci e restare sul mercato e, soprattutto, di mantenere i posti di lavoro.

La qualità ha un costo, voi distribuite nella Gdo il cui motto potremmo sintetizzare in convenienza, non sente di dover sacrificare la pratica dei valori a quella del business?

Come dicevo, non deroghiamo, però soffriamo.
La qualità nel nostro campo si ottiene scegliendo tonno ottimo, che non ha subito problemi nella pesca, nel congelamento e nel trasporto al nostro stabilimento, e, poi, seguendo tutte le procedure di lavorazione nel più breve tempo possibile: parliamo di un prodotto altamente deperibile, serve fare la stagionatura giusta perché subito dopo la produzione, a 115 gradi di sterilizzazione, l’olio è quasi immangiabile mentre con la stagionatura riprende il suo aspetto naturale e comincia a profumare. Ecco noi sui tempi di questa stagionatura, anche se aumentano le spese energetiche o i costi finanziari, non abbiamo mai derogato accorciandoli. Sono costi che la grande distribuzione non ci riconosce, però, in questo momento, preferiamo soffrire ma non derogare ai sani principi necessari per ottenere un’ottima qualità.

In sofferenza si può stare per un po’, ma poi?

Abbiamo cercato di convincere i nostri fornitori, non vorrei usare questa parola ma, diciamo, a non fare “speculazioni”; se possibile, a parlare di diminuzione di prezzi, perché il secondo semestre del 2022 è stato tragico. Adesso i prezzi dell’energia si sono un po’ abbassati, io mi auguro che i nostri fornitori ci seguano in questo, perché tutto parte da lì, fornitura di scatolame, vasetto di vetro, capsule, olio di oliva, tonno stesso…

Lei pensi che la spesa di trasporto di un contenitore nella seconda parte dello scorso anno è saltata da 4 mila a 15 mila dollari e il prezzo del tonno è aumentato moltissimo; ora pare si stia ritornando a cifre più accettabili, quindi, speriamo di riprendere a produrre a costi inferiori e di trovarci di fronte a una grande distribuzione con prezzi allineati.

Anche perché i dipendenti non hanno visto aumenti in busta paga, lo stipendiato si trova con la bolletta del gas e della luce familiare aumentati, un carrello al supermercato più pesante di un 20/25%, non per volume di prodotti ma per costo, e non ce la fa più. Riduce fintanto che può, ma poi deve anche mangiare e dare da mangiare alla famiglia, ed è proprio questo aspetto sociale che mi preoccupa di più.

Ora speriamo di riuscire a riportare ai vecchi costi e a tornare sul mercato evitando anche a noi come azienda di soffrire così, perché il bilancio economico va chiuso bene, altrimenti le banche non ti assistono…

Una maggiore equità sociale deve essere di necessità supportata dall’alto, lei ha fatto degli appelli al pubblico e al privato.

Non c’è stata nessuna conseguenza né da parte dei sindacati, né da parte di Confindustria, niente di determinante. Aumentare gli stipendi era l’unica cosa da fare in questo momento per sopperire alla situazione, poi però sarebbero rimasti alti mentre i costi stanno scendendo; allora la politica dovrebbe verificare questi aumenti e cercare di calmierarli, o andiamo in mano a speculatori. E questo falserebbe il mercato. Già l’olio d’oliva è in mano di pochi, l’olio di semi di girasole anche e sono prodotti importanti nella realizzazione della scatoletta di tonno.

Di solitudine dell’imprenditore in solitudine. Lei in passato ha denunciato quella degli imprenditori calabresi di fronte alla criminalità organizzata. Cosa accade oggi?

La magistratura è molto attiva, proprio ieri nel vibonese hanno arrestato 60 persone, da questo punto di vista anche le forze dell’ordine si stanno dando molto da fare. Personalmente, ma parlando con altri imprenditori vedo che è lo stesso, ci sentiamo più protetti degli anni passati, perché c’è stato un periodo in cui in Calabria, soprattutto nel vibonese dove vivo, siamo stati un po’ abbandonati. Adesso, da un paio d’anni, le cose sono cambiate, anche grazie al procuratore Gratteri che sta facendo veramente una bella pulizia.

Io mi sono sempre rivolto a polizia e carabinieri, oggi anche gli altri imprenditori hanno più coraggio nel farlo perché vedono i risultati, le persone mi dicono che hanno maggiore fiducia nel futuro.

Ho sempre consigliato anche ai giovani di scegliere la strada diritta, che è un pochino più spinosa e difficile, ma questo è il grande problema qui: molti che hanno scelto delle scorciatoie pensando di arrivare prima a una tranquillità e pace per la propria azienda, a volte, l’azienda l’hanno addirittura persa.

Tornando ai temi della sostenibilità, voi lavorate in locale un prodotto che arriva da lontano, come garantite l’allineamento della filiera?

Il nostro tonno arriva soprattutto dall’Oceano Indiano, la Comunità europea impone dei fermi pesca in alcune zone del Pacifico, a giro un po’ dovunque, dà dei contingenti di pesca oltre cui non si può andare. Le regole sono fondamentali.

Pizzo Calabro è famosa per le tonnare, ecco perché noi siamo qui, perché il mio bisnonno iniziò a lavorare questo tonno che era in esubero: all’epoca non c’erano mezzi di trasporto, non c’erano frigoriferi e lui creò una azienda in cui, in modo molto empirico, iniziarono a ‘conservare’ il tonno sott’olio. Perché non andasse perso.

Ragionare nell’interesse di tutti

Adesso nel mediterraneo la Comunità europea mette dei limiti, a seconda dell’equipaggio, della stazza della barca si possono pescare un certo numero di quintali di pesce certificati dalla capitaneria.

Diversamente ci sarebbe stata la scomparsa del tonno rosso perché le barche pescavano senza nessun criterio. Ricordo addirittura che tanti anni fa, i pescatori non riuscivano a venderlo perché è un pesce fresco, grosso, due o tre quintali, molto ‘sanguoso’ per questo la carne è rossa rispetto al pinna gialla dell’oceano indiano, e allora lo abbandonavano nel mare che poi lo portava sulle spiagge, a imputridire. Adesso questo non si vede più e si difende la specie che stava scomparendo per una pesca indiscriminata.

Lei ha fatto una istanza a Bruxelles.

Vedevo che si assottigliava sempre di più la taglia del pesce, una volta erano tre quintali, anche quattro e poi diventavano sempre più piccoli, perché si pescava di tutto. Ho denunciato questo stato di fatto al Ministro dell’Agricoltura De Castro, lui la portò a Bruxelles e da lì scaturirono questo fermo pesca e contingente per barca. All’inizio ci sono stati proprio due o tre anni di fermo pesca completo.

Sa come si pesca il tonno nel Mediterraneo? Si pesca a maggio/giugno, perché è in amore e viene a galla nell’acqua tiepida, altrimenti è un pesce di profondità. In questo periodo scende dalla Sardegna, nel golfo di Lamezia, poi va verso Milazzo, Palermo, fa il giro e ripassa dallo stretto di Messina, dal golfo di Lamezia e si inabissa, non si vede più dove va a finire. Hanno fatto degli studi per vedere se usciva da Gibilterra, se ripassava sotto il canale di Suez, niente, non sanno cosa fa. Si vede che ci sono delle fosse delle profondità del Mar Mediterraneo dove i tonni si rifugiano nel periodo invernale.

Dovremmo tutti conoscere meglio la vita di ciò di cui ci nutriamo. Sapere che non si può avere sempre tutto.

Sicuramente, in teoria. L’uomo è sempre ingordo. Come dicevo, i pescatori anche quando vedevano che non riuscivano a vendere il pesce, il giorno dopo lo ripescavano e lo abbandonavano a mare morto, ecco perché ci vogliono le autorità che ragionino nell’interesse della specie e imponendo regole anche e dei marinai, che ogni anno pescheranno dei quantitativi regolamentati sì, ma pescheranno qualcosa. Se fai strage di tutto, invece, poi non pescherai più niente. Credo che l’autorità, che sia lo Stato o Bruxelles, debba assolutamente monitorare.

L’ingordigia non riesce mai a gestire la situazione nell’interesse sociale.

A proposito di interesse sociale, avete ripreso a lavorare a pieno regime?

Abbiamo ripreso. Nel periodo settembre/ottobre 2022 e fino a dicembre abbiamo fatto un giorno di cassa integrazione a settimana, abbiamo un po’ frenato la produzione per non metterci dentro materia a prezzi alti. Adesso stiamo lavorando su un turno, contro i due del 2021 e inizio 2022, il mercato si è fermato.

Quando si va al supermercato ogni metro lineare di scaffale si trovano due, tre marche di tonno. Come fate a comunicare la vostra differenza?

Non facciamo pubblicità televisiva, non ci ho mai creduto, anche perché una volta che uno inizia a fare pubblicità, diceva un professore, ogni anno incrementarla o si vanifica tutto.

Noi lo abbiamo fatto negli anni con il passaparola, quest’anno fatturiamo 86 milioni di euro e pensi che nell’88 fatturavamo un miliardo di lire con la Giacinto Callipo srl che abbiamo chiuso; con il nuovo stabilimento c’è stata una crescita continua, convincendo la gente sulla qualità e poi facendola trovare dentro al prodotto la qualità.

Abbiamo fatto molte fiere, in Italia e all’estero dove adesso lavoricchiamo meglio: negli Stati Uniti, ad esempio, c’è una tassa doganale del 35% sul tonno all’olio che ci penalizza per favorire le loro importazioni dal Messico, però il nostro è un prodotto che distribuiamo nei negozi specializzati, di qualità. Questa è stata la nostra forza, la qualità.

Alcuni negozianti ci chiamavano, dicendo di avere ricevuto in omaggio da una cliente una scatola nostra e di voler trattare il nostro tonno, è il consumatore stesso che magari non trovandolo nel suo negozio di riferimento ci fa questa promozione gratuita, gente che nemmeno conosciamo.

Avete lanciato anche  una linea ‘Dalla nostra terra’.

Abbiamo una azienda agricola, oltre a una turistica, e lì produciamo, tra gli altri, fichi, melograno, abbiamo ottomila piante di ulivo che stanno crescendo e producono già. Per avere un valore aggiunto maggiore, abbiamo deciso di fare delle lavorazioni attraverso aziende collegate, ad esempio marmellate, è mio figlio Giacinto che si occupa di questo settore: facciamo l’olio imbottigliato e lo vendiamo anche nei nostri store, l’ultimo lo abbiamo aperto in via Marghera a Milano, poi ne abbiamo a Roma, Cosenza, Reggio Calabria e soprattutto a Pizzo.

Parla di prodotti del territorio, in questo periodo siamo un po’ disorientati dagli input sulla nostra alimentazione. Il nostro vino no, gli insetti si, cosa succede?

Guardi, l’analisi vera la fa poi il consumatore, noi possiamo scrivere e fare tutte le pubblicità che vogliamo ma è poi lui a decidere, perlomeno per le aziende di una certa dimensione. Le imprese grosse, grossissime che fanno grandi pubblicità lo indirizzano, ma a noi come azienda media non interessa quel tipo di consumatore a cui puoi dare un prodotto, per noi un tonno, qualsiasi.
Ad esempio, facciamo dei tarallucci che credo unici, ne ho provate tante di marche, e infatti stiamo crescendo molto, così come con le marmellate, realizzati con prodotti nostri, della zona, maturati naturalmente al sole. Certo costiamo un po’ di più, però la gente lo capisce, magari prima mangiavano il tonno quattro volte alla settimana ora due, ma vanno sulla qualità.

Ha nominato suo figlio, siete alla quinta generazione e a un passaggio non scontato.

Sì, Giacinto e Filippo Maria sono i miei due figli, rispettivamente di 38 e 28 anni. Non abbiamo niente di automatico, stanno crescendo con me e prima che il Padreterno mi mandi un telegramma o qualche cosa per dirmi che devo raggiungerlo dovrò fare questo passaggio generazionale, li sto e mi sto preparando al passaggio del gruppo.

Un’ultima domanda, cos’è per lei il Quoziente Humano?

La capacità di una persona di percepire la verità, non solo nella parte materiale della vita, ma anche nei rapporti umani. Ed è una cosa molto importante, io ringrazio perché sono stato sempre molto attento, con i piedi di piombo… sa, qui in Calabria è facile trovarsi coinvolti in tante situazioni anche poco lecite. Negli anni, quante proposte ho avuto, allettanti, economicamente valide, però rispondevo sempre “Io faccio tonno”, come quello che non voleva intendere e discutere. E sono tutte situazioni finite male, ho visto imprenditori che si sono cimentati in queste operazioni speculative e poi sono finiti male. Quindi questo io vedo come il quoziente humano.

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Oltre 30 anni di esperienza nel mondo del giornalismo e della comunicazione aziendale; da oltre 5 anni è consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo della persona attraverso strumenti a mediazione artistica espressiva.

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