Federica Gasbarro, attivista del movimento Fridays For Future, per la lotta al cambiamento climatico
Federica Gasbarro (foto di Matteo Rasero)

Climate change: finché c’è speranza serve combattere. Con l’esempio

Sul suo blog si definisce attivista, scrittrice e divulgatrice.
Federica Gasbarro, 25 anni, studentessa di scienze biologiche è stata portavoce per l’Italia del Movimento Fridays For Future, di cui fa ancora parte, e ha portato la sua esperienza anche in un libro dal titolo ‘Diario di una striker. Io e Greta per il clima, dalle piazze all’Onu’.

Alla vigilia della Giornata Mondiale della Terra, il 22 aprile, abbiamo cercato di vedere con i suoi occhi, e lo sguardo della sua generazione, un impegno: quello per la casa comune che ci ospita.

Con una certezza, capace di tenere testa a quella imprevedibilità del futuro che Federica, come i suoi coetanei, vive con molta più naturalezza rispetto a chi appartiene alle generazioni che l’hanno preceduta: quella di dover e voler continuare a lottare per un mondo più sostenibile. Perché “l’ultima cosa da fare è cedere le armi”.

Federica, come comunichi per bucare l’indifferenza e l’individualismo? 

Semplicemente portando l’esempio, con una azione pratica che compio, perché nel tempo ho capito che, sì, parlare fa bene, ma è quando ti vedono in azione che le persone ti imitano e si smuovono dall’indifferenza.

Cambiare i propri comportamenti

Rispetto agli obiettivi che ti poni in termini di impegno ambientale, cosa funziona in quello che fai e cosa no e perché?

Funzionano gli strike, funziona cercare di fare la mia parte nel quotidiano; mi pongo sempre la domanda, come potrei fare in altro modo, potrei sostituire questo oggetto, questa penna, questa macchina, qualsiasi cosa io utilizzo nel mio quotidiano? Cerco sempre la soluzione alternativa.

Cosa non funziona? Sicuramente non funziona il punto dal quale le cose non dipendono più da noi: voglio prendere una bicicletta, ma non ho a disposizione una pista ciclabile o mi si interrompe prima di arrivare a destinazione e di fatto rischio la vita; non funziona se diventa una impresa trovare un capo di abbigliamento accessibile che non sia frutto della fast fashion… ecco queste cose non funzionano e andrebbero cambiate.
Lo stesso dicasi per l’efficientamento energetico degli appartamenti, io tengo basso il termostato, ma finché non riconvertiamo completamente la nostra economia, la nostra società e il nostro modo di produrre, sarà difficile il vero cambiamento.

A proposito di quello che possiamo fare, quali azioni metti in pratica nel quotidiano, in ottica di attenzione al pianeta?

Dal fare la spesa utilizzando buste riciclate o in tessuto, anche semplicemente quelle per pesare la frutta e la verdura, a una beauty routine, come dicono gli anglofoni, che mira a un packaging riutilizzabile o, addirittura, a non averlo proprio, ad esempio i saponi solidi; oppure per i quaderni, cerco sempre di comperare carta riciclata e così via. Ho anche delle app sul telefono che mi fanno vedere quanto sono stata brava nel far sì che la mia impronta ecologica sia il meno pesante possibile, cerco di avere piccole accortezze, che se però usassimo tutti farebbero la differenza.

Hai dichiarato che l’attenzione all’ambiente si apprende per vicinanza. Quali sono state le persone che ti hanno ispirata e come? 

Senz’altro i miei genitori, la mia famiglia, che mi ha dato una educazione volta al rispetto. Attorno al rispetto ruotano i rapporti umani e ruota soprattutto il pianeta, rispetto per la nostra terra. Non bisogna per forza essere ambientalisti, è sufficiente essere persone educate per preservare e tutelare l’ambiente. E poi, sicuramente, anche Greta (Thumberg, ndr) è stata fonte di grande ispirazione.

Covid e cambiamento climatico: due crisi con la stessa urgenza

Ti muovi per quello che ritieni giusto, quando questo giusto diventa anche efficace?

Quando vedo che intorno a me altre persone si battono per la stessa cosa e cercano di fare del proprio meglio nella tutela ambientale.

Nel momento in cui il climate change sembrava guadagnarsi spazio nell’attenzione e pianificazione globale, la pandemia ha focalizzato le persone sul proprio microcosmo e le istituzioni sul virus.

La pandemia è centrale ed è giusto che se ne parli e si cerchino soluzioni, però questo significa allo stesso tempo che siamo in grado di trattare una crisi come tale, quindi, mi viene da dire, trattiamo anche il climate change allo stesso modo, con la stessa serietà, con gli stessi sforzi globali.

Che l’attenzione si sia spostata è ovvio, questo non significa che la crisi climatica non sia importante, semplicemente tutte le vittime che oggi fa il Covid, la crisi ambientale le mieterà tra qualche anno, purtroppo.

Le nuove modalità sociali hanno cambiato il modo di fare e condividere l’impegno contro il climate change?

Sicuramente tutti gli scioperi e le azioni si sono spostati online, questo però non significa che l’attivismo sia scomparso e la battaglia contro i cambiamenti climatici con lui. Si continua, in modo diverso, ma si continua.

Progresso a impatto zero

A proposito di tecnologia: quali sono le potenzialità e i limiti, anche in termini di scelte etiche per l’ambiente?

Tecnologia e scienza per antonomasia significano progresso, quindi, abbiamo potenzialità enormi volte a conservare tutte le comodità che abbiamo e farle diventare a impatto zero.
Quanto all’etica, secondo me la tecnologia non va ad inficiarla, se non in termini di posti di  lavoro; nell’ambito del fast fashion questo si lega ad esempio al fatto che le persone lavorano in condizioni disumane e, quindi, non sostenibili. E, soprattutto, tutti i liquami delle industrie, i coloranti, i metalli pesanti e via dicendo vengono riversati nell’ambiente.

Nella tua esperienza cosa motiva di più le persone al cambiamento, la paura di quello che può accadere o il sogno di un futuro migliore?

Le persone si mobilitano senz’altro per paura di ciò che può accadere. Tanti ragazzi soffrono del climate dispair, la disperazione climatica, e me ne rattristo, anzi, spesso lo sconforto viene anche  a me, ma ammetto di avere trovato la mia voce e, riuscire in qualche modo a combattere per questo, mi fa sentire più sollevata. Sicuramente, comunque, è più il timore di quello che verrà a muovere le persone

Nel 2019 sei stata portavoce per il nostro Paese del movimento guidato da Greta Thumberg, sei ancora con loro? Quali sono i principi comunicativi e partecipativi su cui si regge?

Certamente faccio ancora parte di Fridays For Future, i principi su cui si regge non sono mutati nel tempo: siamo sempre un movimento orizzontale, apartitico, aperto a tutti, a grandi e piccini, perché di fatto è una battaglia di tutti, quindi, mi auguro si conservi questo animo inclusivo.
Mi auguro anche che nel giro di poco non esista più Fridays For Future, perché vorrebbe dire che abbiamo vinto questa battaglia climatica.


La transizione ecologica ha fretta

Quali sono gli obiettivi raggiunti fin qui grazie all’impegno di voi giovani e quali quelli che ritieni prioritari nel prossimo futuro?

Il primo grande obiettivo è stato raggiunto sicuramente nel sollevamento delle coscienze, ora c’è molta più consapevolezza sul tema dell’ambiente, del cambiamento climatico e, di fatto, il cambiamento sta avvenendo: tante aziende stanno cercando di riconvertirsi, insomma, ognuno prova a fare ciò che gli è possibile.
Il problema è che stiamo andando troppo a rilento, ci vorrebbe un boost, un’accelerazione sul tema della transizione ecologica, fatto in maniera seria e concreta. Questa è l’urgenza assoluta, altrimenti anche tutti quelli che vogliono riconvertirsi non possono, non riescono.

Visto dal tuo osservatorio, oggi che l’ambiente è al centro di importanti piani di finanziamento internazionali, il movimento FFF si può inserire nel dialogo con i governi che devono mettere in atto politiche concrete? 

Posso dare solo la mia opinione personale ed è che è importante il dialogo con le istituzioni, per il semplice fatto che sono loro che metteranno una firma e sigleranno un accordo. Quindi, senz’altro i governi, non solo quello italiano, devono ascoltare i giovani, non solo quelli di Fridays For Future ma tutti quelli che si battono per l’ambiente, e costruire insieme un futuro sostenibile.

In sintesi, a che ruolo chiami i giovani e a quale gli adulti?

Dovrebbe essere lo stesso, si parla dello stesso obiettivo: strade diverse, un unico obiettivo. Tutti dovremmo informarci di più da fonti scientifiche certe e fare la nostra parte, che sia scendere in piazza da parte dei ragazzi, che sia diventare degli scienziati, che sia fare i giornalisti e parlare di ambiente, che sia essere una madre e un padre di famiglia e rendere la propria famiglia a impatto zero.

Quali sono oggi i tuoi obiettivi?

I miei obiettivi oggi chiaramente sono sempre gli stessi, purtroppo, lottare per un mondo che sia più sostenibile, che sia a impatto zero e, personalmente, continuare per questa strada. Non so bene come verrà declinata la mia professione in futuro, se da scienziata, da manager, da scrittore, non lo so perché la vita, come fai fai, decide sempre lei ed è impossibile prevederla, però, senz’altro il mio obiettivo è continuare per questa strada.

Come si resta positivi?

È una bella domanda, è difficile spesso e volentieri perché ci sono molte cose fuori dal proprio controllo. Diciamo che è l’unica alternativa che resta, non possiamo permetterci di essere negativi per il semplice fatto che ci arrenderemmo al corso delle cose e, dal momento che c’è ancora del margine di manovra, di miglioramento bisogna restare positivi.
In alternativa, la frustrazione ti fa cedere le armi ed è l’ultima cosa che dobbiamo fare, perché finché c’è speranza bisogna combattere.

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Oltre 30 anni di esperienza nel mondo del giornalismo e della comunicazione aziendale; da oltre 5 anni è consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo della persona attraverso strumenti a mediazione artistica espressiva.

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